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LA COSTITUZIONE DI UN FONDO PENSIONE REGIONALE PER L’ARTIGIANATO E L’ADESIONE A SOLIDARIETA’ VENETO

14/02/2007LA COSTITUZIONE DI UN FONDO PENSIONE REGIONALE PER L'ARTIGIANATO E L'ADESIONE A SOLIDARIETA' VENETOCon i recenti accordi sindacali stipulati dalle quattro associazioni sindacali del Veneto (Confartigianato, CNA, CASA, CLAAI) con CISL e UIL e Confindustria Veneto, attraverso i quali l'artigianato veneto aderisce al Fondo Pensione "Solidarietà Veneto", si chiude nella nostra Regione una più che decennale discussione sulle modalità con cui gestire la previdenza complementare nell'artigianato. Si tratta di un dibattito che è iniziato subito dopo la riforma delle pensioni del 1993 e che ha visto la contrattazione regionale di categoria farsi da subito interprete della necessità di dotarsi di nuovi strumenti per far fronte al nuovo regime pensionistico. In molti contratti regionali integrativi artigiani infatti, a partire dal 1995 – ben prima quindi degli specifici accordi previsti dai contratti nazionali – furono previsti elementi retributivi da destinare a finanziare la previdenza complementare. Lo sforzo e la fantasia prodotti non portarono tuttavia a risultati di rilievo sulla strada della costituzione di un Fondo regionale, a causa di notevoli resistenze presenti specialmente in una parte del sindacato. Gli artigiani veneti sono stati invece sempre critici verso Fondi Pensione che non avessero una forte base territoriale, l'unica – a loro avviso – che potesse rispondere alla grande frammentarietà del settore.Il confronto si è prolungato fino ai giorni nostri, quando l'anticipo di un anno della cosiddetta "normativa Maroni" – che prevede il meccanismo di conferimento del TFR alle forme di previdenza complementare con scelte da operare entro giugno 2007 – ha provocato una accelerazione del negoziato sulla costituzione di un Fondo Pensione regionale. Il rischio era che l'applicazione di tale normativa avrebbe visto l'artigianato veneto privo di strumenti bilaterali (tenuto conto anche della problematica situazione di Artifond) cui destinare le risorse provenienti dal TFR. I numeri complessivi dell'artigianato veneto non lasciano dubbi sull'importanza degli accordi appena sottoscritti, perchè si tratta di 147 mila imprese attive (di cui 58 mila operanti nell'edilizia), che occupano in complesso oltre 205 mila lavoratori dipendenti.  Ma altri sono i dati su cui vale la pena a porre l'attenzione.Secondo l'indagine congiunturale elaborata da BS-consulting per la Confartigianato del Veneto, ben tre dipendenti su quattro nell'artigianato veneto hanno meno di dieci anni di anzianità aziendale (il 64% addirittura inferiore a cinque). Se da una parte  tale situazione di "giovinezza occupazionale" è indubbiamente sintomo di vitalità delle piccole imprese e riconferma l'idea di un settore che si pone come luogo di ingresso nel mondo del lavoro, dall'altra segnala il rischio che il futuro pensionistico di grande parte dei lavoratori dell'artigianato si preannunci all'insegna della precarietà. Infatti, se a questi dipendenti non fosse data l'opportunità di provvedere per tempo a forme di previdenza integrativa obbligandoli ad affidarsi soltanto a quanto promesso dall'Inps, in vecchiaia potranno disporre di risorse molto limitate.Partendo da questi presupposti, è chiaro che il problema della previdenza complementare  non poteva rimanere né marginale, né "facoltativo", sia per il lavoratore che per il datore di lavoro, nonché per le rispettive Associazioni di rappresentanza.Con la scelta di costituire un Fondo regionale e di aderire a Solidarietà Veneto, i firmatari degli accordi hanno posto la previdenza complementare al centro del loro interesse, riconoscendola come elemento importante non solo per i lavoratori e le imprese, ma anche per il futuro sociale della nostra Regione e in particolare dei suoi giovani, che non dovranno pagare il prezzo salato dei ritardi dei loro padri.