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2008 – CROLLA L’EXPORT ARTIGIANO -1,7%

03/03/20092008 – CROLLA L'EXPORT ARTIGIANO -1,7%Cala per la prima volta dal 2004 il fatturato medio dovuto all'exportIn un quadriennio si è passati dal +5,5% del 2005 al -1,7% registrato nel 2008Pesantemente negativa anche la previsione per il 2009 -1,3%Quali i settori più colpiti?Tessile Abbigliamento, Elettrica ed elettronica, i prodotti in metallo Tengono la meccanica ed il legno Dove si esporta?Cresce di importanza il "sistema" UE a 15 e a 27 Stati membriCrolla il "made in veneto" verso gli USA, il Medio Oriente e l'Asia Le pmi venete prevedono che anche nel 2009 il loro export a livello regionale calerà. La previsione è contenuta nell' Osservatorio congiunturale della Confartigianato del Veneto sulle piccole imprese di produzione. Il calo dovrebbe essere -secondo il campione di circa 1000 pmi esportatrici abituali intervistate- dell' 1,3%, che si aggiunge al meno 1,7% registrato nel 2008. Ma le imprese export oriented, anche se fortemente penalizzate dalla crisi dei mercati internazionali, restano comunque alla distanza avvantaggiate, rispetto a quelle che si rivolgono esclusivamente al mercato domestico. Soprattutto, il calo non sarà uniforme, ma presenta scostamenti significativi tra settori. La crisi di sistema ha investito infatti un po' tutti i settori della produzione, anche se in diversa misura tra un comparto e l'altro: per l'alimentare il numero di imprese che prevede un miglioramento dell' export nel 2009 cresce del 7,9%. Crescono le imprese che vedono rosa anche per il mobile (più 15,2%), per l'elettronica (più  6,5%) e per macchine e meccanica (più 4,6%). Crescono invece i pessimisti tra gli imprenditori di chimica, plastica, vetro e carta (-6,5%), tra quelli del tessile e abbigliamento e quelli della meccanica (-12,1%). "Il miglioramento dovrebbe essere realizzato nei mercati tradizionali dell' Europa a 15 -commenta Claudio Miotto, presidente regionale di Confartigianato- invece gli altri mercati di sbocco avranno tutti il segno negativo. La flessione sarà particolarmente forte, secondo gli imprenditori, per il mercato Usa (i pessimisti crescono del 37%) e per Medio Oriente e Asia (-20,6%). In sostanza, ci rafforzeremo nei mercati tradizionali, perderemo terreno in quelli nuovi: probabilmente è inevitabile, ma non è un buon segnale".Altro segnale negativo: contrariamente a quanto avveniva in passato, nel 2008 le aziende che operano oltre confine hanno subito maggiormente gli effetti della crisi dei mercati internazionali. Le imprese esportatrici, infatti, denunciano, in termini complessivi, perdite più consistenti nei volumi produttivi e di fatturato rispetto alle tendenze medie del settore (rispettivamente -2% e -2,5%) ed anche il livello degli ordinativi risulta in forte ribasso (-2,2%). Sul fronte occupazionale la maggior esposizione alle dinamiche internazionali ha determinato una perdita di posti di lavoro più consistente rispetto al trend medio (-1%) e il peggioramento delle condizioni economiche generali ha portato anche ad un sensibile ridimensionamento della propensione ad investire (12,5%). Fenomeno che ritroviamo anche nelle previsioni per il 2009."Le aziende dell' export oggi sono più esposte alle dinamiche negative dei mercati internazionali, mentre fino al 2007 la possibilità di esportare rappresentava  un vantaggio a fronte di un mercato interno stagnante -spiega Miotto- Certamente, la situazione potrebbe migliorare se le istituzioni e gli strumenti preposti a sostenere il nostro export fossero anche a dimensione di piccola impresa, mentre invece le pmi hanno difficoltà ad accedere a servizi che, ancora oggi, sono pensati per le grandi aziende".A dipendere fortemente dall' export è, comunque, una minoranza di pmi: sono meno del 10% del totale quelle con un'incidenza delle esportazioni superiore al 50% del fatturato, mentre per oltre il 50% delle pmi l'export incide sul fatturato meno del 10%. Quanto alle dimensioni aziendali, la gran parte di quelle che esportano si concentra nella fascia di fatturato da 500 mila euro a un milione (27,4%), tra 1 e 2 milioni (27,4%) e oltre i 2 milioni (19,2%), mentre solo l'8,2% delle imprese con fatturato sotto i 150 mila euro si affaccia ai mercati esteri.