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NEL SEGNO DI ANTONIO CANOVA. INAUGURATA A POSSAGNO LA MOSTRA “LE GRAZIE”

Inaugurata il 6 dicembre nella Gipsoteca di Possagno la mostra “Le Grazie” di Antonio Canova, che rimarrà aperta fino al 4 maggio 2014.
Le Tre Grazie, con la Venere di Milo e il busto di Nefertiti, è il gruppo scultoreo forse più famoso al mondo.

E poco importa se non tutti sanno che è opera di Antonio Canova e che le tre giovani bellezze, da lui immortalate, sono figlie di Zeus e rispondono al nome di Aglaia, Eufrosine e Talia, sodali di Venere, e che simboleggiano, rispettivamente, lo splendore, la gioia e la prosperità.
Canova le ha interpretate in due esemplari molto simili. Il primo, ora all’ Ermitage di San Pietroburgo, glielo commissionò Josephine de Beauharnais, all’epoca moglie di Napoleone; il secondo il Duca di Bedford che, visto il gesso che lo scultore teneva nel suo atelier romano, lo supplicò di creargli un ulteriore esemplare in marmo. Canova riprese il modello, apportando piccoli cambiamenti e, quasi per allontanare il momento di distacco dall’opera, l’accompagnò personalmente sino alla nuova dimora inglese. Oggi quel magnifico marmo è equamente suddiviso, sette anni ciascuno, dalla National Gallery of Scotland di Edimburgo e dal Victoria & Albert Museum di Londra.
Dall’inizio di quelle vicende sono passati esattamente due secoli: il modello originale in gesso delle Grazie è, infatti, datato 1813. In questi due secoli la fama delle tre bellezze canoviane è diventata universale. La sinuosità delle forme femminili, la delicatezza e la morbidezza nonché la ricercata levigatezza del marmo determinano un gioco di luci e ombre che affascinano chiunque le ammiri.
Nella sua Casa-Museo, nella natia Possagno, Canova lasciò il gesso originale della prima versione delle Grazie, quel gesso su cui aveva lavorato per creare il suo capolavoro. La levigatezza del marmo finale era qui ricreata da una patina in cera d’api. A Possagno giunse anche il gesso, tratto dalle Grazie inglesi, quale documento da conservare a perenne memoria dell’arte del grande scultore.
Grazia e violenza non vanno d’accordo. Lo conferma, se ce ne fosse bisogno, il destino dei due capolavori del Canova.
I gessi, con altre opere conservate nella Gipsoteca, vennero investiti dalla nuvola di calcinacci causata dai cannoneggiamenti austroungarici durante la Prima Grande Guerra, quando Possagno, ai piedi del Grappa, era zona di battaglia. Particolarmente gravi i danni subiti dal gruppo inglese che vide le Grazie ritrovarsi con volti e busti drammaticamente lesionati. All’indomani del conflitto, Stefano e Siro Serafin, custodi e abilissimi restauratori, sanarono molti dei danni. Non agirono, invece, sulle Grazie di Bedford che, deturpate, trovarono sede nella sala del Consiglio Comunale di Possagno, a stridente ricordo di un guerra terribile per il paese. Il secondo gruppo di Grazie, restaurato, è esposto nell’Ala Scarpina della Gipsoteca.
A cent’anni dallo scoppio della Grande Guerra, mentre l’Europa si appresta a ricordare quel centenario, anche le Grazie inglesi risorgono, ritrovando tutte le loro parti. Quello che i Serafin non si sentirono di fare lo consente ora la tecnologia.
Grazie alla collaborazione delle National Galleries of Scotland, di Edimburgo, proprietari del prezioso marmo, è stato possibile fotografare e scansionare l’opera e, grazie all’elettronica, si è riusciti a ricomporre le parti mancanti al gesso di Possagno.
“Se Canova avesse lasciato sul marmo una sola impronta digitale, la ritroveremmo sul gesso restaurato”. Ad affermarlo è Mario Guderzo, direttore del “Museo e Gipsoteca Antonio Canova”. Questa tecnica era già stata utilizzata per il restauro di un altro gesso del Canova, la Danzatrice.
In mostra si potranno ammirare entrambi gruppi delle Grazie, quello russo e quello inglese, così recuperato. Con i gessi, i due bozzetti, l’uno proveniente dal Museo di Lione, il secondo oggi di proprietà del Museo di Bassano. Poi tempere, disegni, incisioni, sempre in tono al tema delle Grazie.