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Philippe Daverio ed Ermete Realacci hanno inaugurato la stagione della Scuola di Politica ed Economia di Confartigianato Vicenza al Teatro Olimpico

Philippe Daverio ed Ermete Realacci all'Olimpico

Oltre quattrocento persone lunedì 27 ottobre all’evento organizzato dalla Scuola di Politica ed Economia di Confartigianato Vicenza al Teatro Olimpico.

Agostino Bonomo, Ario Gervasutti e Pietro Francesco De Lotto

Dopo l’incisivo intervento introduttivo del presidente di Confartigianato Vicenza, Agostino Bonomo, e del direttore, Pietro Francesco De Lotto, il tema ha iniziato a dipanarsi, con Philippe Daverio ed Ermete Realacci sollecitati dal direttore de Il Giornale di Vicenza, Ario Gervasutti. Può la nostro Bellezza, intesa come paesaggio, patrimonio artistico ed eccellenza nel saper fare, tradursi in valore per il nostro territorio e diventare una leva per uscire dalla depressione economica e morale in cui sembra sia sprofondato il nostro Paese? E ancora, come è possibile rimuovere gli ostacoli, sollevare il velo polveroso della rassegnazione, sconfiggere la miopia (e a volte la malafede) che hanno incatenato la nostra bellezza fino ad ora?

Philippe Daverio ha le idee ben chiare: “Lo so che è un paradosso, e mi farò odiare da molti, ma in Italia ci vuole più burocrazia – ha esordito -. Attenzione, burocrati alla francese, veri servitori dello stato, che hanno studiato, che sanno di cosa parlano. Tutto il contrario dei nostri burocrati, che impongono norme e regolamenti assurdi e spesso dannosissimi, contrari a ogni logica. Noi italiani dobbiamo smettere di deprimerci e avere più consapevolezza del nostro valore. Siamo bravi, intelligenti, creativi. E abbiamo preservato il nostro patrimonio artistico più dei tedeschi o dei francesi. Il paesaggio, no, quello è stato stupidamente devastato dal Dopoguerra in poi credendo che si potessero fare soldi trasformando il terreno agricolo in terreno edificabile ad uso industriale, decuplicando i valori, ma quando il mercato si è contratto ed è arrivata la crisi la bolla è scoppiata e ci siamo ritrovati con capannoni inutili e il paesaggio sfregiato.
Distrutta la bellezza, anzi, l’armonia. È ora di rimettere le cose in ordine. E per farlo occorre molto lavoro, lavoro artigiano.
In questi anni sul tema della Bellezza la politica è stata assente, quando non complice di speculatori. Il futuro non è, si badi bene, la museizzazione dell’Italia. Non ha senso pensare il nostro futuro come custodi di musei in attesa dei turisti. È necessario riprendere e sviluppare le capacità tecniche, di racconto e di produzione dei territori. Dei mille territori di cui è ricca l’Italia. E riscoprire i legami profondissimi che legano paesaggio, territorio e opere d’arte con la gente che ha creato tutto questo.
Altra provocazione. Dobbiamo ricreare le élite, nel senso di quei gruppi di maggiorenti che all’interno delle comunità di un tempo ( fino a 50, 60 anni fa ) si facevano seguire da specifici gruppi sociali i quali esprimevano una loro visione, una politica. Queste dinamiche creavano legami forti dento le comunità e rafforzavano i principi di identificazione. Il mondo digitale ha cancellato tutto questo, lasciando i sondaggi on line e la banalizzazione e la polverizzazione di ogni idea.
Si riparte dai territori. A condizione che la politica lo permetta e lo agevoli”.

Anche l’analisi di Ermete Realacci è stata altrettanto chiara: “Si ricordi che ci sono voluti 8 anni per costruire l’autostrada del Sole tra il ‘56 e il ‘64. Ora la Salerno-Reggio Calabria è un cantiere aperto da oltre trent’anni. La sensibilità deve partire dal basso, dai territori; sono in atto cambiamenti culturali profondi, che influenzeranno in modo decisivo i prossimi decenni. Sono i modelli di benessere e di sviluppo che stanno cambiando.
Al tempo della costruzione dell’autostrada del Sole, si credeva che il nastro d’asfalto avrebbe portato industrializzazione, commercio, benessere, ma soprattutto inurbazione.
La famosa “curva Fanfani”, il potente aretino presidente del consiglio, fece deviare il tracciato più logico e rettilineo verso Arezzo, salvando inconsapevolmente la Val D’Orcia dalla cementificazione. A distanza di tanti anni questa si è rivela la fortuna di quei territori, che hanno trovato altre strade per costruire il loro benessere, conservando tradizioni, cultura, prodotti di eccellenza, capacità di essere se stessi. Ora quei territori sono ricchi, mentre le file di capannoni di cemento sono sfitti. Sta cambiando il modo di immaginare e di costruire il futuro. E La Bellezza ne fa certamente parte assieme all’economia verde e alla tecnologia digitale. Ora è il momento di rilanciare, i tempi sono maturi”.
L’ultima parola a Daverio con una deliziosa arguzia, che contiene una verità che ha valore di sprone: “È molto più faticoso rinunciare al benessere che cercare di guadagnare di più”.

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Ascolta le interviste ai due protagonisti:

Philippe Daverio

Ermete Realacci