LA RAI PRETENDE IL PAGAMENTO DEL CANONE ANCHE DA CHI NON HA LA TELEVISIONE
Venzo: “Chiedono il “tributo” alle aziende che hanno internet e usano il computer”. Valanga di Cartoline-protesta in spedizione al Ministro Passera
In questi giorni è in atto un vero e proprio assalto da parte della Rai a tutte le aziende. Piccoli imprenditori e artigiani, siano carrozzieri o gestori di officine meccaniche, ma anche titolari di istituti di bellezza o tintorie, stanno ricevendo richieste e solleciti per mettersi in regola con il pagamento del così detto “abbonamento speciale alla televisione”.
La nuova campagna della Rai, particolarmente aggressiva, rafforzata anche da una asfissiante presenza nei mezzi di comunicazione di proprietà (della Rai o dei cittadini?), ha ripreso vigore grazie ad una norma contenuta nel così detto decreto governativo “salva Italia”, che obbliga imprese e società ad indicare nel modello Unico della dichiarazione dei redditi il numero di abbonamento tv, ai fini dell’applicazione della tariffa.
“Ma cosa c’entra un’officina o una carrozzeria con l’abbonamento della Rai? –si chiede Sandro Venzo, Presidente del Gruppo Giovani di Confartigianato Imprese Veneto- Forse durante il lavoro gli artigiani guardano la televisione od ospitano pubblico e amici per condividere insieme i programmi trasmessi sul piccolo schermo? Di fatto, la richiesta (arrogante) della Rai si fonda su una disposizione legislativa (il Regio Decreto del 1938!) in base alle quali chiunque detenga uno o più apparecchi televisivi è tenuto a pagare il canone, trattandosi di un’imposta sul possesso e non sull’uso del televisore (quindi deve pagare anche chi non guarda la televisione di Stato…)”.
“Fin qui nulla di nuovo. Il fatto “straordinario” e inedito –spiega il Presedente- sta nella pretesa della Rai di chiedere il canone non soltanto a chi ha una tv, ma a tutti coloro che dispongono di un qualsiasi apparecchio utile a ricevere i programmi, quindi anche i computer o gli altri strumenti digitali se collegati ad internet. La cosa assurda –prosegue Venzo- è che lo stesso Stato che ci ha obbligato ad informatizzarci per rispondere alla burocrazia on-line: la PEC (la posta certificata), il SISTRI (il sistema di tracciabilità elettronico dei rifiuti), gli adempimenti INPS e Inail solo per fare alcuni esempi, pretende ora di tassarci proprio perché ci siamo attrezzati”.
In sostanza, ogni impresa che utilizza un computer (ma anche uno smart phone o un tablet) per la propria attività deve pagare anche il canone Rai.
“Siamo di fronte ad una interpretazione giuridica estensiva –conclude Venzo- che non accettiamo. Soprattutto noi imprenditori più giovani che delle nuove tecnologie ne stiamo facendo un vero e proprio strumento di lavoro. La TV di Stato non può e non deve fare cassa sulle nostre spalle. Per questo abbiamo deciso di inondare di cartoline-protesa inviate via PEC la posta elettronica del Ministro Passera sollecitando una revisione del provvedimento e soprattutto la fine dell’insensata campagna autopromozionale (a fini economici) dell’Ente televisivo”.