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FALSO MADE IN ITALY

Sentenza storica: capi confiscati e devoluti alla Croce Rossa

Un paio di anni fa il direttivo regionale della Moda ha redatto un documento dal titolo “Assalto” al manifatturiero Un futuro senza diritti, senza dignità, senza tutele? “Una raccolta di dati e considerazioni sul fenomeno dei laboratori cinesi ma non solo – spiega Gianluca Fascina Presidente regionale Veneto della Federazione Moda-. Nel documento si giungeva alla considerazione che il complesso di regole e norme a difesa della legalità era si necessario, unitamente ad un intensificarsi dei controlli da parte degli organi competenti, ma non sufficiente. Bisognava colpire il fenomeno anche con strumenti nuovi come ad esempio la confica dei beni sequestrati. Ebbene due anni dopo è stata pronunciata qui in Veneto una sentenza storica in materia”.
I vestiti alla Croce rossa Falso “made in Italy” Cinese sanzionato Sui capi di abbigliamento esposti c’era scritto “Made in Italy, oppure era raffigurato il tricolore. I vestiti, però, messi in vendita fino al 21 dicembre del 2011 in un negozio della destra Brenta gestito da cinesi, erano stati prodotti all’estero. Le stampigliazioni dicevano tutt’altro, facevano riferimento all’Italia e, come è emerso, nel processo potevano trarre in inganno i potenziali clienti. Il rappresentante legale del negozio, Wei Bo, 28 anni, nato in Cina, residente nel Veneziano, è stato prima indagato dalla Guardia di Finanza e, successivamente, denunciato alla magistratura. Venerdì mattina ha patteggiato in tribunale (giudice Deborah De Stefano, pm Edoardo Ghirini) sedici giorni di reclusione e mille euro di multa con sospensione condizionale della pena. Contestualmente il ventottenne cinese ha convertito la sanzione in una pena pecuniaria di 5 mila euro. Su disposizione del giudice De Stefano i capi di abbigliamento già sequestrati sono stati confiscati, privati delle scritte relative all’origine italiana, e devoluti alla Croce Rossa.