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Acconciatura ed estetica: i nuovi bisogni dei clienti

Comportamenti e nuovi bisogni del consumatore emersi al cospetto del Covid-19: ecco gli esiti di una ricerca per orientare gli operatori di Acconciatura ed Estetica.

L’indagine, promossa da Confartigianato Veneto, commissionata a Community Research e Analisys e finanziata dal Comitato EBAV di categoria, ha avuto appunto come obiettivo capire i cambiamenti in corso, per far sì che le imprese dell’Acconciatura e dell’Estetica siano pronte a proporre servizi in linea con le mutate esigenze. Un punto di partenza, insomma, per rilanciare e ripensare il settore alla luce dei mutamenti socio economici in atto e futuri.

Il comparto

A Vicenza il settore vede attive (dati 2020) 2.378 imprese totali (pari al 18,5% del settore in Veneto), per 5.160 addetti occupati complessivi. Un dato dell’indagine spicca: pur in un periodo difficile sotto molti punti di vista, i numeri confermano pienamente la fiducia del cliente verso il proprio consulente di bellezza

“Il nostro mestiere si basa su un rapporto unico e personale, quindi di fiducia, con il cliente. Nel corso della pandemia abbiamo mantenuto i contatti, attraverso anche i social, e nei periodi di aperture concesse abbiamo cercato di rispondere alle esigenze di quanti si rivolgevano ai nostri saloni – osserva Renata Scanagatta, presidente della categoria Acconciatura -. Non c’è dubbio che la pandemia ci abbia insegnato molte cose e ci debba stimolare a migliorare, ad esempio osservando i nuovi bisogni dei nostri clienti”. 

“L’attenzione alla sicurezza è la base del nostro lavoro – prosegue Valeria Ferron, presidente della categoria Estetica – e nel corso della pandemia lo abbiamo dimostrato ancora di più, garantendo standard elevati di sicurezza e di igiene, al punto da essere stati definiti ‘ambulatori di bellezza’”.
“Un elemento che distingue i professionisti dai mestieranti improvvisati – precisano entrambe le presidenti –. Tutti i nostri colleghi sono stati in prima linea nel sensibilizzare i clienti sull’importanza di prevenzione e salute”.

Partendo da questo ‘tesoretto di fiducia’, come spiega l’indagine, si dovranno ampliare la gamma di trattamenti offerti: consulenze su prodotti, outfit, cura dell’immagine, prevenzione e salute, eleganza e portamento. Diventa inoltre importante saper coniugare i trattamenti di bellezza a occasioni per trasmettere benessere. Lo si può fare in diversi modi: migliorando l’accoglienza e l’esperienza del cliente in negozio, avviando progetti di collaborazione con altri esperti, ad esempio nel campo della nutrizione e dell’equilibrio psicofisico, oppure sostenendo progetti di carattere sociale che pongono attenzione alla prevenzione delle malattie.

Sintesi della ricerca

(a cura di Daniele Marini e Francesca Setiffi)

La ricerca Spazi di cura e pratiche di benessere ai tempi della pandemia scatta una precisa fotografia in grado di mettere in luce come sono cambiate le abitudini di consumatrici e consumatori durante gli ultimi 12 mesi in relazione alle modalità con le quali ci si prende cura di sé stessi, della propria salute e dell’aspetto estetico. Lo studio quantitativo, realizzato mediante questionario, fornisce preziose riflessioni per capire come sia cambiato, e stia tuttora cambiando, la relazione tra cura del corpo e scelta di servizi professionali – barbiere, parrucchiere, estetista e tatuatore – e, più in generale, la cura personale. 
Le diverse fasi della pandemia, caratterizzate da periodi di “zona rossa” e conseguente (totale) lockdown e da momenti di aperture discontinue dei servizi professionali, hanno avuto delle conseguenze sulle abitudini di consumo. Accanto all’impossibilità di accedere agli spazi professionali dedicati alla cura di sé (saloni di bellezza, centri estetici e saloni per tatuaggi) e alla conseguente gestione domestica del proprio aspetto estetico, la mancata partecipazione a eventi e a momenti di socialità ha condizionato negativamente le scelte di consumo, relegando la cura della bellezza a spazi e tempi privati.   

Lo studio fa emergere una fiducia ancora ben salda nei confronti dei professionisti del benessere ed è in grado di delineare quali sono le motivazioni che hanno spinto i consumatori a ridurre la frequenza di accesso ai saloni gestiti da barbieri, parrucchieri ed estetisti. In aggiunta, si raccolgono i desideri dei consumatori rispetto alle caratteristiche del professionista ideale, fornendo utili spunti di riflessione per le strategie aziendali potenzialmente implementabili nei prossimi mesi. Abbiamo dedicato ampio spazio a fornire una descrizione dei servizi forniti da parrucchieri e barbieri da un lato, ed estetisti dall’altro. In aggiunta, la ricerca indaga il rapporto dei consumatori con le pratiche di cura di sé stessi, con particolare attenzione al capitale estetico. Comprendere come i consumatori abbiano vissuto la pandemia è un tema centrale per anticipare quali potranno essere le future traiettorie di sviluppo delle loro esigenze, iniziando a delineare come avverrà la riconfigurazione delle scelte di consumo nell’attuale fase di post lockdown. 

Di certo, nei prossimi mesi, il corpo e la salute resteranno temi rilevanti per i consumatori e riuscire ad agganciarli semanticamente al capitale estetico sarà la vera sfida per tutto il comparto coinvolto nell’erogazione di servizi professionali legati al benessere. 

Il lavoro di ricerca è articolato in due macroaree: la prima ha lo scopo di indagare la fiducia dei consumatori nei confronti dei servizi professionali e le caratteristiche sulle quali si basa la scelta del professionista del benessere; la seconda mira ad analizzare la relazione tra corpo, salute, cura di sé stessi e valori.  

Prima macroarea: Si osserva un appiattimento delle differenze rispetto alle differenti categorie sociali, che potremmo definire come una sorta di effetto neutralizzante della pandemia rispetto alle scelte dei differenti gruppi sociali, pur con qualche sfumatura che ora andremo a mettere in evidenza. Rispetto al genere non si rileva alcuna differenza: notiamo infatti come quasi il 60% degli uomini e delle donne dichiari di essersi recato dal barbiere e dal parrucchiere all’incirca le stesse volte. Pur permanendo l’effetto neutralizzante dato dalla pandemia, possiamo rilevare qualche diversa reazione spostandoci ad analizzare la condizione lavorativa e la provincia di residenza. 

Nel primo caso, hanno ridotto la frequenza nei saloni professionali: studenti 41,9%; casalinghe 44,9%, pensionati 40,0% e disoccupati 39,6%. Tuttavia, hanno ridotto la fruizione di servizi professionali anche i lavoratori del settore impiegatizio (41,5%), mentre tale contrazione di consumo ha coinvolto meno i lavoratori autonomi (36,9%) ed esecutivi (30,7%). 

Queste analisi hanno il pregio di scattare una fotografia realistica dell’adeguamento dei consumi alla situazione provocata dalla pandemia ed è probabile che le trasformazioni in corso nel mondo del lavoro (Marini 2021), in termini di ristrutturazione di tempi e spazi, possano influenzare nel futuro anche le modalità con le quali consumatori e consumatrici si relazioneranno con gli esperti del benessere. Il motivo preponderante della riduzione di accesso ai saloni professionali resta la pandemia, nella duplice veste di chiusura del salone (42,1% delle risposte) da un lato, e di timore di contrarre il coronavirus da chi lavora nel salone (12,9% delle risposte) e da altri clienti (15,2% delle risposte). Sotto al 10% troviamo altre motivazioni che vanno dalla mancanza di occasioni di socialità (8,9% delle risposte), al meno tempo per sé stessi (7,7% delle risposte), al fatto di considerarlo meno importante rispetto a prima (7,3% delle risposte) e al costo dei trattamenti (5,8% delle risposte). Da queste analisi emergono due interessanti spunti di riflessione: il primo è l’elevato grado di fiducia di cui godono i professionisti del benessere, sottolineato da un numero di risposte tutto sommato contenute rispetto alla paura di contrarre il coronavirus, nonostante il salone sia un luogo chiuso e nel quale la permanenza non è limitabile a pochi minuti, e tali risposte sono comunque inferiori a quelle relative alla paura di essere contagiati da altri clienti; il secondo punto su cui riflettere è la consistente fiducia nella gestione della sicurezza dello spazio di cura e benessere della persona. Restando sulle motivazioni che attualmente spingono consumatori e consumatrici a rivolgersi a Barbieri e Parrucchieri, possiamo notare che le opzioni prevalenti riguardano: l’igiene del locale (18,5% delle risposte), la vicinanza a casa (18,4% delle risposte), la qualità dei prodotti (17,4% delle risposte) e la cortesia del personale (14,9% delle risposte) – seguite, con un notevole distacco, dal prezzo dei servizi (10,9% delle risposte). 

Il locale dove si svolge il trattamento è un elemento centrale nella scelta del barbiere e del parrucchiere, tuttavia queste motivazioni sono diversamente percepite, sulla base delle caratteristiche socio-demografiche degli intervistati. Vi è una maggiore attenzione delle donne alla qualità dei prodotti (22,7%) rispetto agli uomini (9,6%) e questo può derivare anche dal tipo di servizio offerto, ma mette in luce come sia un criterio di scelta rilevante nella decisione del salone professionale. 

Per quanto riguarda gli Estetisti, come già era stato discusso per le altre due categorie di professionisti (parrucchieri e barbieri), anche in questo caso emerge con forza la fiducia nei professionisti nella gestione del locale e del servizio estetico offerto ai clienti. Si tratta di un tesoretto di fiducia che dovrebbe essere ulteriormente comunicato, per sottolineare la capacità dei professionisti del benessere di garantire sicurezza e affidabilità degli ambienti di lavoro, di cura e benessere della persona. Considerando le variabili socio-demografiche, rileviamo che il timore di contrarre il coronavirus è più sentito dalle donne rispetto agli uomini (9,4% vs. 5,9%) sia rispetto a chi lavora sia al timore di contrarlo dai clienti, così come viene maggiormente percepito dai senior (oltre i 65 anni) (26,1%) rispetto a tutte le altre fasce d’età. Un altro aspetto rilevante da considerare riguarda la motivazione relativa al fatto di considerare i trattamenti estetici meno importanti rispetto a prima: si tratta di un’opzione di scelta che riscuote maggiore successo tra i giovani (13,6%) rispetto a tutte le altre fasce d’età. L’opzione relativa alla mancanza di tempo per sé stessi è maggiormente segnalata da chi ha un titolo di studio basso (12,1%) e alto (10,3%) rispetto a quanti sono invece in possesso di un diploma. Con riferimento alla scelta del salone, l’estetista di fiducia viene selezionato sulla base dell’igiene del locale, che tuttora, e forse anche maggiormente a seguito della pandemia, rappresenta una caratteristica chiave per individuare il (giusto) professionista: il 32,3% degli intervistati lo considera prioritario. Volendo invece considerare le due principali caratteristiche che orientano il consumatore alla scelta del servizio professionale, troviamo, oltre all’igiene del locale, la qualità dei prodotti (18,8%), la cortesia del personale (13,5%) e il prezzo dei servizi (11,9%). Emerge con maggiore forza il carattere relazionale del servizio, che viene però scelto anche sulla base di caratteristiche “strutturali” date dal salone e dai prodotti. Riaffiora anche in questo caso la necessità per il professionista del benessere (l’estetista) di riuscire a tradurre l’impegno quotidiano di gestione del locale nell’offerta del proprio servizio. Infine, per oltre l’80% degli intervistati la scelta di farsi un tatuaggio non è per nulla estemporanea ma è riconducibile a persone, fatti, avvenimenti rilevanti della propria esistenza e la caratteristica più importante nella scelta del locale riguarda il rispetto delle norme igieniche (42,5%).

Seconda macroarea: È nota la relazione tra salute e corpo sano, ma il recente evento di rottura sociale e biografica – la pandemia – ha costretto i consumatori a rivedere il proprio stile di vita anche in relazione alle pratiche di cura estetica. Si pensi al solo fatto di essersi organizzati con il “fai da te” anziché ricorrere ai servizi professionali (nei periodi di chiusura dei saloni), alla riconfigurazione delle attività lavorative, all’aumento dello stress, alle difficoltà di conciliazione famiglia-lavoro e via dicendo. A tal fine, ci sembrano particolarmente interessanti i dati relativi alla cura di sé stessi durante i periodi di lockdown: per il 68,2% degli intervistati il proprio aspetto estetico è rimasto invariato, per il 24,6% è peggiorato mentre per il 7,3% è migliorato. Tuttavia, a una domanda successiva, che chiedeva di indicare l’importanza dedicata al corpo e all’aspetto estetico durante gli ultimi 12 mesi, il 68,2% degli intervistati ha dichiarato di aver dedicato meno rilevanza alla cura di sé. 

Volendo approfondire il tema dei valori, la ricerca permette di far luce sull’esistenza di tre profili di consumatori: i “post-materialisti”, per i quali l’attenzione prevalente è posta nel loisir, nel tempo libero, le amicizie e la cura del proprio corpo. In questo senso, possiamo osservare una conferma a quanto sottolineato in precedenza: ovvero come il corpo e la sua cura costituiscano una dimensione culturale, non fine a sé stessa. In altri termini, uno strumento di comunicazione e relazione. Tale insieme spiega gli orientamenti di oltre un quinto (22,8%) degli interpellati. È il piacere e il piacersi nella vita che ha nei ceti più benestanti e professionalmente più elevati, nelle fasce di età centrali (25-54 anni) i profili più esposti. Poi ci sono i “radicati”, ovvero quanti assegnano a un insieme di aspetti più tradizionali il peso più rilevante: la famiglia, il lavoro, la religione e la cura della propria salute. In questo assieme, la cura del corpo non sembra assumere un peso centrale, bensì in qualche misura accessorio. E, per di più, disgiunto dalla cura della salute. Tali orientamenti coinvolgono una quota analoga alla precedente (20,7%). I ceti meno abbienti, le casalinghe, i più anziani (oltre 65 anni) ma anche i giovani-adulti (35-54 anni) si addensano in questo gruppo. Ma c’è un terzo gruppo, ed è la maggioranza della popolazione (56,5%), a denotare una difficoltà a prefigurare una gerarchia valoriale: i “relativisti”. In questo caso, l’orizzonte simbolico sembra essere sostanzialmente omogeneo: tutto è (relativamente) importante, tutto si pone sul medesimo piano. Si opta per una strategia adattiva e taylor made (cioè “sartoriale”), creando mappe valoriali adeguabili alle diverse situazioni. Tutti i comportamenti diventano, così, legittimati, plausibili.

Metodo e tecnica di indagine

La ricerca ha interpellato un campione di veneti con oltre 18 anni di età ripartiti per le 7 province della regione, genere, età, condizione sociale e titolo di studio. Il campione ammonta a 1.007 casi. Le interviste sono state realizzate con il sistema CATI (Computer Assisted Telephone Interviewing) e CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) nel periodo 10-24 maggio 2021.