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ILVA. POSSIBILE BLOCCO DEGLI IMPIANTI DI TARANTO?

Un dramma anche per le piccole imprese manifatturiere venete.

Pochi giorni di autonomia, poi l’ILVA chiuderà. E’ questo il drammatico annuncio dei dipendenti del colosso siderurgico pugliese che tra sequestri e stop agli impianti non ne vuol sapere di tornare a funzionare in modo normale nonostante il decreto dedicato espressamente al suo salvataggio.
“Uno stop che non mancherà di innescare un pericolosissimo effetto “domino” anche sulle nostre imprese artigiane”. A denunciarlo Giuseppe Sbalchiero, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto che spiega: “come già successo a fine 2012, il fermo degli impianti dell’ILVA di Taranto rischia di abbattersi pesantemente anche sulle nostre imprese che operano nei settori della carpenteria metallica, della lavorazione di lamiera fino a quelle specializzate nelle minuterie metalliche e nella componentistica. Molte infatti sono le piccole imprese manifatturiere venete che dipendono dall’ILVA per l’approvvigionamento delle materie prime. Negli ultimi mesi hanno già dovuto modificare la rete dei fornitori, ma nelle prossime settimane la situazione rischia di diventare davvero drammatica se, come sembra, si bloccherà del tutto la produzione”.
L’Ilva di Taranto non significa solo i 12mila addetti diretti impegnati nella fabbrica. Le sue potenziali dieci milioni di tonnellate di acciaio all’anno equivalgono ai due quinti della produzione totale italiana, sia dei prodotti lunghi sia dei prodotti piani. I soli prodotti piani (coils, nastri e lamiere) si attestano al 74% dell’offerta italiana. Al netto dell’acciaio importato dall’estero, l’Ilva soddisfa il 67% del consumo effettivo del nostro sistema industriale. Una quota enorme. Che pervade in ogni sua parte il Made in Italy. Il 25% della componentistica italiana destinata all’automotive è infatti realizzato con l’acciaio prodotto negli altiforni di Taranto. Lo stesso capita per il 16% dei casalinghi, per il 20% delle macchine e degli apparati meccanici, per l’8% della carpenteria pesante e per il 4% del bianco.
“Nella vicenda dell’ILVA –prosegue Sbalchiero- molti sono stati gli abusi ambientali, i ritardi, le omissioni, con conseguenze pesanti per la salute di un’intera collettività. Un modo di fare imprese che non ci piace. Ma è assolutamente paradossale che, nel pieno di una crisi che non lascia intravedere sbocchi positivi, una diatriba inconcludente tra proprietà, istituzioni e magistratura, rischi di togliere dal mercato degli approvvigionamenti di acciaio, una quota così importante dell’intera produzione nazionale”.
“Di fronte a questa emergenza –conclude il Presidente- lo Stato non può che avere un ruolo centrale. In particolare confido nell’interessamento del Ministro per lo Sviluppo Economico Flavio Zanonato affinché garantisca la prosecuzione della produzione italiana dell’acciaio per il bene anche delle imprese artigiane venete”.