Giovani e lavoro: aspettative e motivazioni
“Più equilibrio tra vita e lavoro”: questa la richiesta emersa da un’indagine condotta da Confartigianato Veneto su oltre 600 apprendisti per capirne motivazioni e aspettative.
“Il “capitale umano” sta diventando sempre più di difficile reperimento, in particolare per le fasce di età più giovani. Il fenomeno delle “grandi dimissioni” (66mila nei primi 4 mesi dell’anno in Veneto), quello dell’invecchiamento demografico (il rapporto tra giovani e anziani sarà di 1 a 3 nel 2050, mentre la popolazione in età lavorativa scenderà in 30 anni dal 63,8% al 53,3% del totale) e la difficoltà di trovare personale adeguatamente formato, creano un mix esplosivo che penalizza in particolare le imprese che stanno crescendo. In questo caso però, in un mercato di risorse scarse, la logica del salario non sembra essere l’unica carta da giocare perché alimenta la mobilità, che è uno dei problemi. Per capire come le imprese artigiane possono diventare più attrattive e mantenere nel tempo i prossimi giovani collaboratori, Confartigianato Imprese Veneto, in collaborazione con IVL (Istituto Veneto per il Lavoro), è partita dai giovani che aveva “in casa” – cioè gli apprendisti che seguono la formazione trasversale – e ha chiesto loro motivazioni, aspettative, quali elementi deve portagli il lavoro, e cosa vorrebbero da un’azienda.
I punti salienti
- Avere un lavoro che diverte, che fa stare bene (per il 62,1% è molto importante)
- Sentirsi apprezzati e ricompensati per il lavoro svolto (il 45% è molto d’accordo)
- Avere un lavoro che consenta di raggiungere i propri obiettivi e che assicuri una fonte di reddito (64,0%)
- Essere valorizzati per quello che si sa fare è l’aspettativa di gran lunga preferita dagli apprendisti (il 59,8% dice sia essenziale).
Cosa emerge dall’indagine
Dall’indagine è emersa una fotografia molto interessante, che mette in evidenza il salario ovviamente, ma anche crescenti esigenze di senso di appartenenza, coinvolgimento, tempo libero e apprezzamento. Motivazioni lontane dall’esperienza della gran parte dei nostri imprenditori: per questo diventa importante individuare le modalità formative migliori per accompagnare gli artigiani a essere più “guida” e meno “capo”. In estrema sintesi, questa indagine conferma un approccio al lavoro che va delineandosi nelle nuove generazioni, funzionale allo “star bene” e non solo alla carriera. A volte si dà per scontato che lo stipendio sia l’unica leva su cui puntare: resta importante sì, ma chi offre un lavoro deve tenere conto anche della nuova esigenza di trovare un senso, una rappresentazione di sé. Stare bene al lavoro si declina in una adeguata gestione del tempo, della vita sociale, congruenza con le aspettative personali, apprezzamento e trasmissione dei saperi.
Capitolo a parte la propensione a mettersi in proprio dei giovani, aspetto che interessa molto di fronte a un “inverno demografico” di cui soffre anche la piccola impresa. Anche in questo caso i risultati del questionario sono interessantissimi. I giovanissimi (19enni) hanno quasi il doppio di propensione a mettersi in proprio rispetto a chi ha più di 25 anni: con il passare del tempo e l’esperienza sul campo, tale prospettiva sembra scoraggiare i ragazzi.
L’intendo di Confartigianato Veneto è proseguire con l’analisi dei risultati e fare ulteriori indagini. Due cose entrano subito nell’agenda: individuare i percorsi per formare i titolari d’impresa a gestire le giovani generazioni e sviluppare iniziative che possano far crescere l’attrattività del lavoro nel mondo artigiano. Inoltre, in base a questi risultati si andrà a intensificare l’azione di Confartigianato per realizzare un sistema Paese che non scoraggi i giovani a fare impresa come, purtroppo, avviene.
Ambiti del questionario
Il profilo degli apprendisti
Tre le priorità principali che emergono: avere un lavoro che diverte, che fa stare bene (per il 62,1% è molto importante), lavorare in un’organizzazione in cui i diritti dei lavoratori sono tutelati (60,7%) e scegliere un lavoro che consenta di divertirsi e godersi la vita (59,6%). Le caratteristiche meno prioritarie per gli apprendisti intervistati sono andare alla ricerca nel lavoro di obiettivi sfidanti (molto importante per il 21,7%) e saper fronteggiare sul lavoro cambiamenti repentini (20,0%).
Le motivazioni al lavoro
Le motivazioni più importanti sono: il bisogno di sentirsi apprezzati e ricompensati per il lavoro che svolgono (il 45,0% si dice molto d’accordo); l’importanza che gli altri scoprano davvero quanto valgono nel lavoro (31,8%); il riconoscimento del loro lavoro da parte degli altri (30,3). Gli apprendisti con più di 25 anni (e in special modo tra le donne) mostrano maggiore attenzione agli aspetti legati al riconoscimento sul lavoro.
I “ritorni” del lavoro
I “ritorni” del lavoro maggiormente apprezzati sono: avere un lavoro che consenta di raggiungere i propri obiettivi e fare un lavoro che assicuri una fonte di denaro (entrambi al 64,0%); invece, avere un lavoro nel quale sia possibile fare nuove amicizie e decidere da soli come svolgere il lavoro sono due aspetti con un grado di accettazione molto basso e molto distante dal resto (rispettivamente 27,7% e 22,3%), quindi del tutto accessori rispetto alle aspettative dei giovani. Le donne hanno espresso preferenze molto elevate per vari argomenti rispetto agli uomini: “trovare un lavoro che mi soddisfi pienamente” è ritenuto essenziale dal 73,2% di loro (più di 20 punti percentuali rispetto agli uomini), con una punta dell’80,4% tra le apprendiste con meno di 21 anni.
Le aspettative
Essere valorizzati per quello che si sa fare è l’aspettativa di gran lunga preferita dagli apprendisti rispetto al lavoro (59,8% di intervistati che dicono sia essenziale). Le donne, soprattutto quelle con più di 21 anni, hanno livelli di preferenza più accentuati rispetto agli uomini nei tre argomenti preferiti: “essere valorizzato per quello che sai fare” arriva a 69,2.
Mettersi in proprio, magari tra qualche anno, è una aspettativa relativamente poco sentita rispetto alle altre, ma dimostra una forte relazione con l’età. Al crescere dell’età diminuisce tale aspettativa, passando dal 46,6 per gli apprendisti fino ai 19 anni al 28,4 per gli “over 25”. Sembra quindi che la possibilità di aprire una posizione indipendente vada scemando con l’aumentare dell’età e probabilmente, quindi, con una maggiore consapevolezza della complessità del mondo lavorativo.