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TEMPI DI PAGAMENTO: LA LEGGE IMPONE DI CHIUDERE I CONTI A 30 O 60 GIORNI MA LE AZIENDE CHE RISPETTANO LE SCADENZE SONO POCHE

Corriere del Veneto

Sabato è uscito sul Corriere della Sera del Veneto un articolo di denuncia sulla lungaggine dei tempi di pagamento soprattutto tra impresa ed impresa.
Lo riportiamo.

Il governo ha dato il via libera e la pubblica amministrazione ha iniziato a pagare. Anche se, a colpi di venti miliardi all’anno, gli ultimi creditori riceveranno quello che avanzano soltanto nel 2018 (l’ammontare dei debiti ha superato i cento milioni di euro), le banche hanno cominciato ad accontentarsi delle fatture certificate e, fidandosi un po’ di più degli imprenditori, hanno ripreso ad anticipare parte dei crediti sospesi, lasciando respirare le aziende. Nelle transazioni commerciali tra imprese private però la situazione rimane a un punto morto. Anche se la legge entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno restringe i tempi di pagamento a 30 o al massimo a 60 giorni dall’emissione della fattura, gli artigiani e le piccole imprese che lavorano per conto di altre aziende continuano lentamente a soffocare. Mediamente infatti i committenti pagano i fornitori con 96 giorni di ritardo rispetto ai tre mesi generalmente concordati in fase di contratto. Perché va detto: a dispetto dei termini di legge, sono pochissime le imprese che firmano un saldo prima di 90 giorni e dunque, i subfornitori aspettano da sei mesi a un anno prima di incassare i soldi pattuiti. «E nessuno ha il coraggio di protestare -interviene il presidente di Confartigianato Giuseppe Sbalchiero- Perché quando inizi a contestare i tempi a una grande azienda o mandi la lettera dell’avvocato, i soldi arrivano ma poi non lavori più per nessuno perché ti fai la fama di piantagrane». I rapporti di forza, insomma, possono di più di qualunque legge, anche perché, chi nella sua vita è passato per le forche caudine dei tribunali sa bene che ci vogliono tempo, soldi e pazienza per arrivare in fondo a una causa. «La sola soluzione è quella di esporsi il meno possibile -continua Sbalchiero- bisogna iniziare a rifiutare i lavori che richiedono grossi investimenti e armarsi di pazienza. Anche se così si rallenta ulteriormente l’economia». «La paura di perdere le commesse hanno spinto molti fornitori ad accettare le condizioni imposte dai loro partner commerciali -aggiunge il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi- E le grandi imprese preferiscono aspettare prima di pagare i fornitori anche un anno intero». Il motivo è semplice. Tenere i soldi in cassa permette di sfruttare i propri subappaltatori come se fossero una banca. Di fatto sono gi artigiani che anticiperanno i soldi per pagare gli operai, acquistare il materiale e anticipare le tasse. E questo succede così regolarmente che perfino Emma Marcegaglia, allora presidente di Confindustria, aveva dovuto riprendere i suoi iscritti perché protestavano per i mancati pagamenti del pubblico ma tendevano a «dimenticarsi» dei conti dei loro fornitori. «Finora la scusa è sempre stata che il pubblico non pagava -spiega Bortolussi- e adesso, anche se i pagamenti sono iniziati, temo che la sentiremo di nuovo. I tempi di pagamento del pubblico infatti sono ancora troppo lenti e le amministrazioni, che devono pagare a 30 o 60 giorni, prediligono i crediti freschi piuttosto che quelli passati»