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«LA CRISI È DA IRRESPONSABILI»

Industriali e sindacati: avrebbe effetti disastrosi.
Appello a Berlusconi: si faccia da parte.

(da il Corriere del Veneto di oggi)
Da imprenditori, artigiani e commercianti veneti sale il grido d’allarme per quanto sta accadendo a Roma, con l’esecutivo appeso a un filo per il voto del Senato sulla decadenza di Berlusconi. Durissima la Confindustria di Padova: «La crisi? Scenario lunare». Concordano i sindacati, la Cgil: «Crisi? Da irresponsabili». L’allarme Esecutivo appeso a un filo, appello a Berlusconi: «Ora si faccia da parte» Governo, il grido del Veneto «La crisi sarebbe un disastro» Imprenditori e sindacati concordi: «Ucciderebbe la ripresa».

«L’attività va abbastanza bene. Lunedì scorso abbiamo assunto altri sette dipendenti, siamo arrivati a venti. Siamo un po’ avanti rispetto al piano promesso: abbiamo preso degli ordini dalla Germania, qualcosa si sta muovendo anche dall’Italia. Settembre lo vediamo passato, abbiamo un po’ di fiducia». La storia di Lorenzo Dal Maso, l’imprenditore vicentino che ha rilevato dal fallimento lo scorso aprile la storica Ceccato Autolavaggi di Montecchio Maggiore, è quella di un Veneto che, nonostante tutto, si sente ancora terra d’impresa e di lavoro, che continua a credere in una via d’uscita dalla crisi, che coglie i primi timidissimi segnali di inversione di tendenza dopo anni disastrosi per il tessuto economico. «Il nostro spirito è questo, siamo bastonati da tutti, ma andiamo avanti», dice lui. Ma anche per gente abituata a resistere a qualsiasi avversità, c’è un limite: e quel limite sta per essere superato a Roma, dove il governo di larghe intese guidato da Enrico Letta, nato per dare risposte immediate a un Paese sull’orlo del baratro, rischia di cadere per il voto in queste ore della giunta del Senato sulla decadenza di Silvio Berlusconi. Ieri, in mattinata, dalla Confindustria di Padova è arrivato un ultimo disperato grido d’allarme, con il presidente Massimo Pavin ad ammonire che la crisi di governo sarebbe «uno scenario lunare e incomprensibile, specie adesso che si è attenuata la recessione e ogni energia andrebbe spesa per tentare l’avvio della risalita», che quindi la caduta dell’esecutivo comporterebbe «un prezzo altissimo e potrebbe uccidere nella culla ogni speranza di ripresa». Non più tardi di una decina di giorni fa, in un’intervista al Corriere del Veneto, il presidente degli industriali veneti Roberto Zuccato usava simili parole: «Far saltare il governo sarebbe una scelta sconsiderata in questo momento». Un momento delicatissimo, appunto. Dove nessuno (almeno in Veneto) si azzarda a pronunciare la parola «ripresa», ma – semmai – si sussurra sotto voce di una «interruzione della caduta verticale». Un Veneto dove, ricorda ancora Pavin, si sono persi nell’ultimo anno «20.000 posti di lavoro e sono 1.800 le crisi aziendali». Appare compatto il mondo delle categorie economiche nel denunciare i rischi drammatici di un crollo del governo. E anche chi ha personalmente provato simpatia in passato per Silvio Berlusconi e per il modo con cui ha saputo interpretare le istanze di una parte del Paese, non concede oggi sconti al Cavaliere e al tentativo, suo e del Pdl, di legare le sue sorti personali a quelle della tenuta dell’esecutivo. «Il centrodestra ha avuto anni di governo per fare tutte le riforme che voleva, compresa quella della giustizia – evidenzia il presidente di Confartigianato Veneto Giuseppe Sbalchiero – Dal mio punto di vista l’accanimento contro Berlusconi è evidente, ma non è l’uomo del mondo. Dopo vent’anni in cui ci ha raccontato tante storie, non può mettere a repentaglio la tenuta del paese con un ricatto. Deve accettare il verdetto o viene da pensare male se non accetta di farsi da parte». E Massimo Zanon, leader della Confcommercio regionale, rincara la dose: «Il mondo delle imprese assiste attonito a questo teatrino, in cui aver trovato 4 miliardi per tagliare l’Imu sembra chissà quale grande impresa ma poi non si riesce a tagliare un euro di spesa pubblica – spiega – Quel che è peggio è che veri segnali di ripresa noi non ne vediamo, è tutta propaganda: non sappiamo quante imprese riapriranno dopo le ferie, quante porteranno i libri in tribunale entro dicembre. Non so quanto questo governo, che sembra un’armata Brancaleone, possa aiutare. Di certo, anche se i diritti di qualcuno sono stati calpestati, non può certo farne le spese il Paese. L’Italia è piena di gente che ha subito ingiustizie, ma questo non può portare a una crisi di governo. I due piani non possono essere confusi». Per una volta, c’è unità di vedute tra imprenditori e sindacati, che già avevano inviato nei giorni scorsi una nota congiunta per scongiurare la crisi. «Irresponsabile confondere le vicende giudiziarie di un cittadino e l’azione di un governo di responsabilità – avverte ora il segretario della Cgil del Veneto, Emilio Viafora – dev’essere chiaro a tutti che l’eventuale responsabilità della crisi se la assume chi si comporta come se l’Italia non fosse uno stato di diritto. In ogni caso, se il governo cade, noi chiederemo che le Camere non vengano sciolte: non si può tornare a votare con questa legge elettorale». Nelle fabbriche, intanto, almeno in quelle rimaste aperte, si prova a guardare avanti. «Siamo una nave in tempesta, serve un capitano forte, e quel capitano deve essere il governo – dice Lorenzo Dal Maso – Se solo a Roma fossero capaci di sedersi attorno a un tavolo e tirar fuori qualcosa di buono. L’interesse, per il Paese, è uno solo».