BANKITALIA SU DEBITO PUBBLICO
Sbalchiero: “Calo a luglio? Si ma in un anno cresce quasi di cento miliardi (+94,8). Inaccettabile”
Banca d’Italia pubblica il nuovo supplemento al bollettino statistico su: Finanza pubblica, fabbisogno e debito e ci informa che, a fine luglio, il debito pubblico ammonta a 2.072.863 milioni con un leggero calo a luglio. Fatti due conti però, risulta che il nostro debito è salito ancora. E precisamente del 4,8% negli ultimi dodici mesi, pari a 94.824 milioni in più. La situazione è inaccettabile e non più sostenibile”. Lo sfogo è di Giuseppe Sbalchiero, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto.
“Poco ci consola –prosegue il Presidente – che a luglio ci sia stata una prima, timida e leggera inversione di tendenza. Il problema è che il nostro Paese la mancata corrispondenza tra entrate fiscali, spesa pubblica e performance dei servizi pubblici, ha raggiunto una condizione non più sostenibile per la competitività dell’economia. Non a caso, nel 2013 tra le 34 economie più avanzate, l’Italia è al 6° posto per spesa pubblica sul Pil, all’8° posto per entrate fiscali sul Pil, addirittura al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013, ma precipita al 73° posto per contesto favorevole a fare impresa”
“Le nostre imprese -dichiara Sbalchiero- stanno morendo di troppo tasse che sembrano essere l’unica soluzione del Governo per compensare una spesa troppo alta ed una così bassa efficienza dei servizi. Non a caso sempre nel bollettino Bankitalia di oggi, risulta che -sono in crescita nei primi sette mesi dell’anno le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato: 225 miliardi, in aumento dell’1,4% (3,2 miliardi) rispetto a quelle dello stesso periodo del 2012-“.
Le recenti manovre dei conti pubblici sono state tutte eccessivamente focalizzate sulle entrate. Se prendiamo in considerazione la correzione del saldo primario registrato tra il 2009 – quando il saldo al netto degli interessi era negativo e pari al -0,84% del Pil – e il picco che si raggiunge quest’anno – che ammonta al 2,44% del Pil – lo sbilanciamento è evidente: nei quattro anni esaminati l’incremento delle entrate è di 49,9 miliardi mentre la spesa primaria è scesa di soli 1,2 miliardi; tale situazione determina che il 97,7% dell’aggiustamento del saldo primario grava su incrementi di entrate.
“E’ ora di finirla –conclude Sbalchiero-. Va messa mano alla composizione e qualità della spesa pubblica che oggi risulta essere: eccessiva per anziani e poca per le famiglie; ridotta per gli investimenti pubblici a fronte della salita di spesa per interessi e per pensioni, di bassa quantità e qualità per l’istruzione, eccessiva per i dipendenti pubblici. Basta ai tagli lineari ed agli squilibri centro-periferia e si avvii una politica seria di risparmio di spesa adottando una geografia amministrativa più leggera”.