L’OSSERVATORIO CONGIUNTURALE DI CONFARTIGIANATO IMPRESE VENETO SU IL SOLE 24 ORE
L’Osservatorio di Confartigianato Imprese Veneto, presentato nel corso della conferenza stampa di fine anno, è stato ripreso da “Il barometro dei territori” apparso su il Sole24Ore del 31 dicembre scorso.
Da Padova a Venezia in cerca del rilancio vero. Dalle aziende stremate un appello alle istituzioni
Barbara Ganz
L’inversione di tendenza è nei dati e nelle sensazioni: i primi vanno oggettivamente meglio, segnalano una fine del periodo recessivo e, in alcuni casi, un inizio di risalita. Nonostante questo, la paura del futuro è maggiore oggi di quando la congiuntura segnava indicatori in picchiata. Il periodo peggiore è stato così prolungato che molte aziende sono stremate. Neanche un mese fa, a Venezia, oltre 250 imprenditori hanno consegnato le chiavi al prefetto, al grido di “ci state mettendo in strada”. Poi sono venuti presidi e forconi. Il malessere trova diverse forme, ma è trasversale: «Abbiamo dato anche troppa fiducia a questa classe politica in attesa di un cambiamento che non è mai arrivato – dice il presidente dei Giovani imprenditori del Veneto, Enrico Berto – adesso smettano di raccontarci favole e s’impegnino per trovare una risposta seria ed efficace alla crisi». Le richieste dei presidenti regionali e territoriali dei Giovani imprenditori di tutta Italia saranno presentate in gennaio a Roma: «Un’azione unitaria per portare una serie di proposte operative, mirate, con tanto di copertura», continua Berto. «Dopo oltre venti trimestri di recessione conclamata sono diffusi il disagio, la sofferenza e l’esigenza di un profondo cambiamento nelle Istituzioni, nelle relazioni economiche e in quelle sociali – osserva Alessandro Vargadega, presidente degli industriali trevigiani, mettendo in guardia dalla tentazione della prostesta fine a se stessa –: Conosciamo dall’interno e per quotidiana esperienza le gravissime conseguenze che la recessione ha determinato nelle aziende, lo stato di difficoltà di tanti imprenditori, la disperazione del veder venir meno il lavoro, l’oppressione del fisco, della burocrazia e gli effetti devastanti che tutto ciò determina nei distretti e nelle filiere produttive. Il nostro “presidio” non dura una settimana o un mese, ma 365 giorni l’anno». Le promesse non mantenute generano danni: «Prendiamo l’effetto annuncio della legge sui tempi di pagamento – spiega Giuseppe Sbalchiero, presidente Confartigianato veneto –. La sanzione non c’è, e dopo un iniziale risultato le cose sono peggiorate». Nell’indagine di fine anno dell’associazione, su un campione di circa mille imprese, si segnalano previsioni negative pure a fronte di un miglioramento degli indici (il 42,4% si aspetta un calo del fatturato), e una sostanziale tenuta del manifatturiero con una sofferenza di tessile abbigliamento e mobile, «i settori nei quali le difese dalle contraffazione e dalla concorrenza sleale sono minori», nota Sbalchiero. La Marca trevigiana è l’area in maggiore difficoltà, con un numero di contribuenti dal reddito inferiore ai 7.500 euro lordi aumentato dell’8% in un anno, e un più 42% di lavoratori iscritti alle liste di mobilità. Una provincia aggrappata all’export: tra gennaio e settembre (ultima rilevazione disponibile) sono state aperte 322 crisi aziendali, per un coinvolgimento di 6.416 lavoratori. Le ore di cassa integrazione autorizzate tra gennaio e settembre sono state oltre 18 milioni; nello stesso periodo del 2012 erano 13. «Registriamo – spiega Alfio Calvagna della segreteria Cisl Belluno Treviso – un lieve miglioramento per l’industria manifatturiera, sia sotto il profilo della produzione industriale, che dopo sette trimestri negativi si porta a un +1,6%, che del fatturato. Sembra un punto di svolta, ma non possiamo permetterci di trarre facili conclusioni, perché i segnali di ripresa sono deboli e contradditori, il sistema produttivo italiano appare meno reattivo di altri partner europei e perché di fatto ci salviamo solo grazie alla domanda estera: finché non ripartono i consumi interni, non andremo molto lontano». Se il 2014 si apre all’insegna dell’emergenza occupazionale, un dato confortante arriva dalla rilevazione del progetto “Oltre il Pil” di Unioncamere Veneto. Nella geografia del benessere delle regioni italiane salute, uso del tempo e relazioni personali e sociali rappresentano per la regione i fiori all’occhiello, mentre istruzione (intesa come tasso di scolarizzazione superiore, universitaria e abbandono scolastico) e sicurezza (in particolare numero di incidenti stradali tra i più alti del Paese) registrano il risultato peggiore. «La crisi iniziata nel 2008 ha portato alla più grave recessione degli ultimi ottant’anni. L’attuale incertezza impone di misurare aspetti che vadano oltre quelli risultanti da transazioni di mercato o processi economici formali – sottolinea Fernando Zilio, presidente Unioncamere Veneto –. Pur essendo il Pil un indicatore importante, non esiste alcun nesso diretto tra crescita economica e progressi che riguardano altri aspetti della qualità della vita. La crisi diventa quindi l’occasione per rivedere i nostri modelli di sviluppo e ricercare una nuova idea di benessere».