NEL PAESE DELLA PICCOLA IMPRESA DOVE SI FA DI TUTTO PER MORTIFICARLA
Sbalchiero: “Cosa succederebbe in VENETO se domani sparissero i suoi 135.838 imprenditori artigiani? Uno tsunami sull’economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie”
Sistri, riforma RC auto, burocrazia, tasse, sprechi e chi più ne ha più ne metta. L’Italia è il Paese europeo che più si regge sulle PMI. Non a caso è stato il primo a recepire lo Small Business Act. Ma l’Italia è anche il Paese che più fa per mortificare i piccoli imprenditori ed i loro lavoratori.
“Ma cosa succederebbe se, d’improvviso una mattina, sparissero di colpo tutte le 135.838 iscritte oggi all’Albo Imprese Artigiani del Veneto? A questa domanda –afferma Giuseppe Sbalchiero, Presidente della Confartigianato Imprese Veneto- risponde una originale elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato che, “giocando” un po’ -ma nemmeno tanto- con i dati territoriali ha fatto una simulazione”.
In Veneto, l’impatto sulla popolazione sarebbe, tutto sommato, abbastanza contenuto: il 2,8% in meno. Ma gli effetti sarebbero quelli di uno tsunami sull’economia e sulle condizioni di benessere di cittadini e famiglie. Il valore aggiunto diminuirebbe di 20.017 milioni di euro, pari ad un calo del 15,3%; il ‘buco di Pil’ sarebbe equivalente a quanto prodotto dall’economia della provincia di Palermo.
Il made in VENETO perderebbe un apporto del 12,5%, pari a 6.310 milioni di euro ed equivalente alle esportazioni della provincia di Cuneo. Considerando senza lavoro i 181.000 dipendenti dell’artigianato, il numero di disoccupati aumenterebbe del 125,6% ed il tasso di disoccupazione passerebbe dal 6,5% al 15,6% aumentando di 9,1 punti.
Rimarrebbero 1.947.851 abitazioni senza artigiani dell’edilizia e dell’installazione di impianti che intervengano per la manutenzione.
Rimarrebbero inanimati 64.941 impianti fotovoltaici senza una adeguata installazione e manutenzione di artigiani della filiera delle rinnovabili, lo stesso per i 9 impianti eolici.
Nei magazzini delle imprese di produzione e alle porte di negozi ed uffici rimarrebbero 153,0 milioni di tonnellate di merci che non verrebbero più gestite dalle imprese artigiane di autotrasporto.
Vi sarebbero 1.658.000 famiglie che possiedono almeno un’automobile e, nel complesso, un parco di 2.969.555 veicoli circolanti senza autoriparatori artigiani a cui rivolgersi per manutenzione e assistenza; ogni giorno aumenterebbe anche la presenza di motocicli, autovetture ed autobus fermi per strada.
Rimarrebbero 1.949.000 famiglie che possiedono una lavatrice e 1.313.000 famiglie che possiedono un lettore dvd senza artigiani riparatori di elettrodomestici da chiamare in caso di malfunzionamenti. Sarebbero senza assistenza tecnica anche le 1.046.000 famiglie che possiedono condizionatori e climatizzatori.
Sarebbero 1.576.000 le famiglie che non trovano più le botteghe aperte per la riparazione delle biciclette e la sostituzione di pezzi di ricambio. E le 1.235.000 famiglie che possiedono Personal computer rimarrebbero senza i servizi e la competenza degli artigiani dell’informatica per installazioni, manutenzioni e cablaggi.
Sarebbero 607.000 famiglie che possiedono una antenna parabolica e altre 1.421.000 famiglie con decoder digitale terrestre a non poter vedere programmi vista la mancanza degli installatori artigiani di antenne.
Gli 31.424 sposi dei matrimoni celebrati in un anno non potrebbero indossare un abito nuziale realizzato e provato in una sartoria artigiana; nessun fotografo professionista alla cerimonia e il banchetto sarebbe senza la torta nuziale realizzata da una pasticceria artigiana specializzata.
Un disastro della qualità per 2.640.000 italiani che mangiano dolci almeno qualche volta alla settimana e che vedrebbero sparire pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie artigiane.
Per 1.361.000 cittadini che non pranzano in casa nessun panificio o rosticceria con prodotti artigianali a disposizione.
Per 4.745.918 cittadini che rimangono dopo la sparizione degli artigiani, sarà ancora possibile, vestirsi, arredare la casa e fare un regalo, ma sparirà la qualità e la perizia degli artigiani, ad esempio, negli articoli di abbigliamento, in pelle e pellicce, nei prodotti in legno e nei mobili, nell’oreficeria, nel vetro e nella ceramica.
Sarebbero 2.165.730 le donne con oltre 15 anni che non troverebbero acconciatori ed estetisti.
Considerando come potenziali visitatori di beni culturali nella provincia i residenti ed i turisti, sarebbero 20.647.379 le persone che non potrebbero apprezzare alcun restauro realizzato da artigiani specializzati di monumenti e delle opere d’arte presenti nei 302 musei, aree archeologiche, chiese, palazzi storici e giardini sia pubblici che privati regionali.
Una débâcle anche per il turismo: i 15.765.623 arrivi turistici non potrebbero né utilizzare servizi erogati dalle imprese artigiane indispensabili per il soggiorno nè accedere alla qualità dei prodotti dell’artigianato.
Questa storia che abbiamo inventato potrebbe, in fondo, avere un lieto fine.
Gli artigiani insegnano un lavoro: la formazione ‘sul campo’ fatta dagli artigiani ai neoassunti vale 255 milioni di euro all’anno, pari all’1,27% del valore aggiunto prodotto dall’artigianato del territorio. Da questa semina quotidiana svolta nelle aziende l’artigianato potrebbe risorgere grazie ai 181.000 dipendenti delle imprese artigiane che diventerebbero, a loro volta imprenditori artigiani, sempre che la burocrazia e la documentata scarsa efficienza dei servizi della Pubblica Amministrazione non uccida questo rinascimento dell’artigianato: tra 34 Paesi avanzati l’Italia è al 31° posto per contesto favorevole a fare impresa secondo la graduatoria della Banca Mondiale Doing Business 2014; tra tutti i 189 Paesi nel mondo l’Italia si posiziona al 65° posto.all’8° posto per entrate fiscali sul Pil, saliamo al 7° posto per spesa pubblica sul Pil e, addirittura, primeggiamo collocandoci al 3° posto per crescita delle entrate fiscali tra il 2005 e il 2013.
“Ecco cosa succederebbe”! Conclude Sbalchiero. “ Noi pensiamo che non ce lo possiamo permettere. Per questo il 18 febbraio, a Roma, saremo in tanti a chiedere non un nuovo Governo ma una visione nuova. Una maggiore consapevolezza. Meno autolesionismo e un po’ più di amor patrio”.