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Fare l’imprenditore è un’idea che ancora piace

Per la maggioranza dei giovani veneti inoccupati della “generazione Z”, il lavoro di successo è fare l’imprenditore e viaggiare. Allo stesso tempo, però, si sentono anche inadeguati e temono di non essere apprezzati.

È quanto emerge dall’indagine “I giovani e il lavoro che cambia” realizzata da IPSOSper Unioncamere del Veneto, un immaginario forgiato dalla voglia di fare e mettersi in proprio tipico della tradizione veneta e alimentato dall’esempio di nonni e padri, ma anche dall’idea che i giovani di oggi hanno degli imprenditori nostrani. La ricerca, realizzata su un campione di 500 giovani della Regione non occupati di età compresa tra i 16 e i 30 anni, ha verificato il loro rapporto con il lavoro e il mondo dell’impresa, per cogliere e analizzare lo scoordinamento che si registra tra domanda e offerta di occupazione e per leggere i fenomeni di abbandono del lavoro da parte di molti giovani nell’ultimo periodo.

I risultati

La “top five” delle professioni di successo per la Generazione Z veneta vede al primo posto “fare l’imprenditore” (45%), seguito da “avere un lavoro che ti fa girare per il mondo” (33%), “essere un manager” (29%), “essere uno scienziato” (fisico, biologo, chimico, matematico, ecc., 28%) e “occuparsi di nuove tecnologie digitali” (28%). Il 34% dei giovani ritiene che ci siano titolari d’impresa responsabili, attenti alle persone e alla società, ma un 53% li giudica interessati solo al profitto e capi autoritari. Chi pensa che i giovani di oggi non abbiano voglia di lavorare rischia di avere una posizione viziata da pregiudizi: nella scala dei valori, per il 95% dei ragazzi e delle ragazze il lavoro è molto importante e si colloca al terzo posto subito dopo amicizia (97%) e divertimento (96%) e viene prima della famiglia, dell’amore e anche dell’istruzione. 

Per la Generazione Z avere un posto di lavoro vuol dire “impegnarsi per raggiungere degli obiettivi” (37%) e “diventare adulto per realizzare i propri progetti” (31%). Il senso del lavoro per la Generazione Z è stabilità e progettualità. 

Il lavoro è, ovviamente, una fonte di reddito (97%) e un modo per affermare la propria indipendenza (96%), ma anche un’opportunità di crescita personale (94%). Nel lavoro i giovani vogliono sentirsi realizzati come persone (90%) e ambiscono a occupazioni che siano un percorso, dei trampolini che gli consentano di guardare avanti, di costruirsi una posizione sociale (89%). 

Quattro sono gli aspetti più importanti di un lavoro per gli under 30 anni veneti: il trattamento economico (41%), la stabilità (33%), la possibilità di fare carriera (32%) e l’autonomia (30%). Seguono per importanza anche altri aspetti come la disponibilità di tempo libero, orari flessibili, la coerenza con gli interessi personali (es. hobby, cause sociali…) e con il percorso di studi, la possibilità di formazione, di apprendimento e di crescita personale e i buoni rapporti con i colleghi e con i superiori. L’interesse a viaggiare e la disponibilità a spostarsi coinvolge poco più della metà dei giovani (58% in un altro Paese europeo e il 68% in un’altra regione del Nord), mentre la preferenza va per un posto nella città o nella provincia dove si vive. 

Ma di fronte al lavoro i giovani si sentono fragili, avvertono di avere una “cassetta degli attrezzi” non particolarmente sviluppata, sentono la carenza di esperienze lavorative, di aver avuto una formazione troppo teorica e poche opportunità di incontro con il mondo delle imprese, di avere a disposizione circoscritti servizi di orientamento al lavoro e di essere in possesso di una formazione non aggiornata alla realtà del mondo lavorativo. La maggioranza dei giovani (58%) è disposta ad accettare transitoriamente qualsiasi lavoro, ma vuole continuare a cercare il lavoro dei sogni. 

Il 33% sogna di un lavoro autonomo, da imprenditore (20%) o il libero professionismo (10%), mentre il 67% aspira a essere un lavoratore dipendente (il 28% vorrebbe lavorare in una grande impresa e il 16% in una multinazionale). 

I temi della ricerca di stabilità e della sicurezza economica per una progettualità futura si incontrano anche nelle attese rispetto allo stipendio. Il 56% della Generazione Z veneta vorrebbe avere uno stipendio fisso, possibilmente con delle forme di welfare aziendale per il futuro e per farsi una famiglia. Il 36% è disponibile a una remunerazione con una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. Solo l’8% è disposto ad accettare una forma di remunerazione legata esclusivamente ai risultati. 

I timori che hanno le ragazze e i ragazzi nell’entrare in un luogo di lavoro sono molteplici: dal non essere apprezzato all’essere sfruttato (entrambi al 36%); dal non trovarsi bene con i colleghi (29%) al non avere più tempo per sé stessi (26%); dalla paura di diventare un numero (23%) all’avere un capo autoritario (21%); dal non avere tutele all’avere qualcuno che li comanda, magari con minori competenze (entrambi al 20%). 

Ma quali sono i driver per attirare e trattenere i giovani? Offrire la possibilità di fare esperienza (45%), remunerare in modo adeguato il lavoro (43%), consentire alle persone di esprimere liberamente il proprio potenziale (28%), insegnare un mestiere (28%); apprezzare le persone per il lavoro che fanno (27%), creare un ambiente ben strutturato e organizzato, con procedure e regole chiare (26%), far sentire le persone parte di un gruppo (25%), essere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (20%). 

Stabilità e adeguata remunerazione, benessere organizzativo e flessibilità, capacità organizzativa e accompagnamento delle fasi di vita, merito e dialogo, sembrano essere le diverse componenti con cui le imprese devono fare i conti per attirare i giovani. Così come nuovi percorsi formativi e preparazione al mondo del lavoro, ma anche un nuovo modo di rappresentare l’impresa, sembrano essere le diverse sfide in campo per preparare maggiormente i ragazzi al salto di vita.
I protagonisti

La ricerca è stata presentata a Mestre, in occasione del convegno organizzato da Unioncamere del Veneto dal titolo “I giovani e la trasformazione delle competenze professionali e dei modelli di lavoro”. In apertura i saluti di Mario Pozza, presidente Unioncamere del Veneto, Tiziano Barone, direttore Veneto Lavoro, e Claudio Gagliardi, vicesegretario Generale Unioncamere Italiana. 

È seguita una tavola rotonda tra le organizzazioni datoriali e sindacali con il sistema della formazione e del lavoro, nella quale si è discusso del “mismatching” occupazionale e di possibili soluzioni a supporto della transizione scuola-lavoro, a cui hanno preso parte il direttore di Confartigianato Veneto Tiziana Pettenuzzo, il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Carmela Palumbo, il direttore di Veneto Lavoro Tiziano Barone, il segretario generale UIL Roberto Toigo, Marco Dalla Bernardinadi Confindustria Veneto, Augusto Pivantidi Coldiretti, Franco Storerdi Casartigiani, Emiliano Birakudi Confesercenti e Luca Bertuoladi Confcommercio Veneto. 

Nel suo intervento, Pettenuzzoha invitato a “lavorare su un patto delle competenze ma con un percorso di formazione ambizioso, concepito all’interno delle filiere in cui creare degli ‘hub delle competenze’ in cui grande e piccola impresa attingano a un unico processo sistemico condiviso, dove tutti crescono insieme”. Infine Elena Donazzan, assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione del Veneto, nel suo intervento di chiusura ha richiamato la necessità di cambiare la narrazione corrente per attrarre competenze, perché “nel lavoro e nel fare impresa c’è bellezza: siamo l’unica regione con più iscritti all’istruzione tecnica che ai licei, gli ITS stanno dando risultati incredibili e abbiamo imprese che guardano con attenzione al mondo della formazione”.

Contatta l’Ufficio Scuola di Confartigianato Vicenza per maggiori informazioni

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