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Le catene produttive alimentano il Made in Italy

Le catene produttive alimentano il Made in Italy collegando aziende e distretti dove la differenza tra “grande” e “piccolo” sta solo nei numeri, non nella reciproca capacità tecnologica.

Ci fu un tempo (neanche tanto lontano) in cui fior di economisti scoprirono, guardando al Nordest italiano, che “piccolo è bello”, cioè che il nostro sistema produttivo doveva la sua fortuna al tessuto di tante aziende dalle piccole dimensioni produttive, snelle di fronte ai cambiamenti. Poi, a seguito di questa o quella crisi internazionale, tra gli esperti divenne di moda il concetto opposto, ovvero che “piccolo non è più bello”, in quanto la crescente globalizzazione pareva imporre strutture di grandezza ben maggiore per competere nel mondo. Ebbene, per considerare quanto questa divergenza di ottiche e opinioni sia ormai superata, basta osservare la realtà che oggi si è venuta via via rafforzando e affermando, e che cioè la qualità e la varietà di ciò che è “piccolo” si dimostra un’autentica forza quando si muove in un contesto ben integrato: il contesto della filiera.

Con il termine “filiera” (quella “catena di forniture” che in lingua inglese viene detta “supply chain”) si indica quella serie di attività che, uno stadio dopo l’altro, conduce dalla materia prima fino alla realizzazione del prodotto finito, pronto per l’impiego e/o per la commercializzazione. 

Il termine entrò in uso per la prima volta nel settore alimentare, definendo così il processo che portava dalla coltivazione (o dall’allevamento) alla successiva trasformazione e alla distribuzione. Oggi possiamo parlare di filiere in tutta una serie di altri comparti, dal meccanico al tessile.

Attualmente, le filiere produttive rappresentano una caratteristica importante del tessuto imprenditoriale manifatturiero nel Vicentino, nel Veneto e nel resto d’Italia; il che spiega come la maggiore presenza di imprese di piccola e micro-dimensione non sia un ostacolo allo sviluppo, bensì consenta la proiezione e competitività dell’offerta italiana in una pluralità di prodotti. 

Varie analisi dei bilanci di aziende inserite in filiere produttive in Veneto hanno evidenziato, anche di recente, una crescita del fatturato di gran lunga superiore a quella espressa dalle altre imprese, con differenziali particolarmente elevati tra le attività anche di piccolissime dimensioni. Le aziende fornitrici, cui vengono richiesti standard di specializzazione sempre più alti, raggiungono gli stessi parametri di crescita del capofiliera e mostrano marginalità e patrimonializzazione del tutto simili, a testimonianza dell’effetto di “traino” offerto dalle filiere produttive quando vi si è inseriti come partner strategici, non più semplici “subfornitori” di ieri ma veri e propri “superfornitori” di oggi.

Quanto le filiere produttive ricoprano un ruolo particolarmente importante nel nostro territorio è evidenziato anche dalla distanza media delle forniture, che mediamente nel Veneto è pari a 92 km e scende addirittura a 85 km nei distretti produttivi locali (tipo mobile, concia, abbigliamento), riuscendo a combinare i vantaggi della prossimità dei fornitori locali alla possibilità di realizzare economie di scala nell’approvvigionamento di merci e servizi.

La tutela e il progresso di tale “know-how” manifatturiero costituisce dunque un fondamentale elemento di competitività e una spiccata opportunità di lavoro e crescita. Di qui l’intensificarsi di forme di collaborazione tra le associazioni dell’industria e dell’artigianato del territorio, “facendo sistema” tra le imprese medio-grandi e le piccole realtà, unitamente alle associazioni di categoria, alle amministrazioni, alle banche convenzionate.

Il successo del Made in Italy, insomma, si basa sull’apporto delle piccole imprese che lavorano con le grandi aziende, contribuendo alla realizzazione dei loro prodotti, nell’ambito della stessa filiera produttiva: una serie di “sistemi a rete” che rappresentano gli strumenti più efficaci per assicurare competitività e crescita a tutto il ciclo manifatturiero locale, attraverso appunto il coinvolgimento delle aziende committenti e dei relativi fornitori. A questi ultimi, va assicurata la possibilità di sviluppare soluzioni sempre più “su misura”, di elevare la qualità del servizio offerto: ciò che fa la differenza, poiché permette loro di posizionarsi da protagonisti all’interno di processi di valore. 

In tale passaggio storico rientra un’evoluzione tecnologica, organizzativa e gestionale fatta di standard di qualità professionale, norme per la sicurezza e per l’ambiente, che ha portato – e deve sempre più portare – a un rapporto paritetico con il committente, anche in un’ottica di collaborazione sempre più stretta in fatto di soluzioni innovative. E il potenziamento della partnership tra aziende nel territorio, grazie a intese lungimiranti, trova un elemento favorevole anche nel poter trarre vantaggio dalla condizione di “filiera stretta”, con aziende che lavorano a poca distanza; mentre più “lunga” è la filiera, più aumentano i costi ed eventuali incertezze dovute alle instabilità di carattere geopolitico che possono venire a determinarsi in aree lontane.

Ricordate quando, durante le prime e tragiche fasi della pandemia, non si riusciva a trovare quantità sufficienti di mascherine, perché quasi tutta quella produzione era ormai stata delocalizzata in Cina? Ebbene: in capo a pochi mesi, pure qui in Italia ci furono imprese che seppero trasformare il loro processo produttivo adattandolo alla nuova necessità. E oggi, addirittura, proprio da noi c’è qualche azienda che ha trovato il modo di riciclarle, le mascherine.

La “filiera delle filiere”, nel nostro Paese, è dunque un patrimonio che rende salda l’economia, assicura posti di lavoro, guarda al futuro, collegando dimensioni produttive che sono grandi e piccole solo nei numeri, ma non nella capacità di rispondere al mercato. Anzi, talvolta anticipandone le richieste.



Hanno collaborato a questo numero:
Carlotta Andracco, Christian Caleari, Nicola Carrarini, Valter Fabris, Erika Faggion, Sandra Fontana, Sabrina Nicoli, Loris Rui, Valentino Varotto.

Direttore responsabile: Antonio Stefani
In redazione: Valentina Celsan, Stefano Rossi
Contributi multimedia: Corrado Graziano, Davide Samadello, Federica Vencato
Coordinamento editoriale: Stefano Baroni


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