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ASOLO. DIBATTITO ALLA FORNACE DELL’INNOVAZIONE SUGLI EFFETTI DELLA NUOVA LEGGE PER AMPLIARE LE COSTRUZIONI

Piano casa, scontro tra due Veneti: Regione e Artigiani da un lato: «È la strada per sostenere l’edilizia e l’economia», dall’atro i Sindaci, che non ci stanno. Riassume così l’inviato del Giornale di Vicenza il dibattito che si è tenuto ieri ad Asolo, presso la Fornace dell’Innovazione in tema di Piano Casa. Iniziativa congiunta di Confartigianato Vicenza e Treviso che ha visto oltre 400 persone in sala. (Riportiamo la sintesi dell’incontro).
 
“Il Piano casa è l’unico modo per dare un nuovo futuro all’edilizia, quella delle nostre piccole imprese, che è il motore dell’economia», sostengono fianco a fianco la Regione – col vicepresidente Marino Zorzato e il presidente del Consiglio regionale Clodovaldo Ruffato – e gli imprenditori di Confartigianato, con i presidenti Agostino Bonomo di Vicenza e Paolo Pozza di Treviso. «E’ una ricetta vecchia, calata sulla testa dei Comuni, che rischia di creare nuove cementificazioni in una regione già troppo costruita», rispondono il noto giornalista-scrittore Gian Antonio Stella, affiancato dal professor Tiziano Tempesta docente a Padova, e un agguerrito sindaco Andrea Gios di Asiago. Due Veneti con un’idea opposta di come dare un futuro alla regione, sintetizza il giornalista Daniele Ferrazza che modera lo “scontro”, sempre tenuto con toni civilissimi.
 
«DISCUTIAMONE, MA LA LEGGE SI APPLICA». L’imputato è il nuovo Piano casa della Regione, approvato in Consiglio veneto a novembre, che per tre anni e mezzo darà la possibilità di ampliare gli edifici esistenti – anche con un secondo edificio staccato dal primo – e magari demolirli e ricostruirli più grandi, a patto che siano più efficienti e più belli. La Regione lo difende con convinzione anche in questa sua terza versione che ha dato uno strappo politico: i Comuni non possono farci nessuna modifica. Ma dall’altra parte proprio i Comuni sono pronti a dichiarare guerra: Gios ad Asiago, ha varato una delibera che “rigetta” il Piano casa, a costo di finire davanti ai giudici. E oggi a Venezia i sindaci delle città capoluogo, guidati da quello veneziano Giorgio Orsoni che è super-esperto di diritto amministrativo, probabilmente si schiereranno sulla stessa linea. E questo il vero scontro che si profila, e lo sa benissimo Ruffato quando di fronte alla platea – a giudicare dagli applausi, spartita a sua volta tra le due opposte “idee di Veneto” – mette un pesante punto fermo: «Siamo aperti a discutere, anche su eventuali miglioramenti, ma attenzione: la legge in vigore va rispettata, “dura lex sed lex”».
 
«SALVATE 7 MILA IMPRESE. La Confartigianato non ha dubbi di sicuro. Pozza ricorda che l’edilizia «muove 85 mestieri, e senza di loro l’economia non riparte». Bonomo, che pure è asiaghese, mette sul tavolo numeri: il Piano casa ha già mosso 2,5 miliardi di investimenti «e se non ci fosse stato non ci sarebbero 7700 imprese in meno avremmo perso 11mila posti di lavoro. Non solo: senza le limitazioni date dai Comuni ai primi due Piani, ci sarebbe stato un miliardo di investimenti in più e altre centinaia di imprese venete ci sarebbero ancora». Con loro, ovviamente, Zorzato: ricorda che i primi due Piani casa hanno portato a 62mila pratiche edilizie con aumenti medi di solo 150 metri cubi di edificato e interventi da 50-60mila euro «che sono quelli a misura per le nostre pmi: è migliorato il patrimonio edilizio esistente».
 
«TROPPO CEMENTO». Di tutt’altro avviso Tempesta: «Siamo una delle regioni più edificate d’Europa, l’incidenza del settore costruzioni nel Veneto è più alta della media nazionale e si trascura che in Veneto mediamente fino si facevano già anche prima 1,5 milioni di metri cubi di ampliamenti di edifici, perché la normativa sui fabbricati rurali lo consente. Non è una novità, e si sarebbero fatti lo stesso. E ampliando edifici attuali si tolgono al mercato acquirenti di nuove case: nell’ultimo triennio in Veneto si sono dimezzate». Gios ricorda che ad Asiago già dal ’98 si può ampliare edifici fino a un massimo di 320 metri quadri di superficie, ma contesta con forza questa legge che «non consente ai Comuni di valutare l’applicazione del Piano sul territorio. Siamo contrari a un’imposizione dall’alto che considera il Veneto come fosse tutto identico, dai monti al mare». Attacca sulle espansioni concesse perfino ad edifici nuovi: «E aberrante: si aggredisce il verde. L’intento speculativo è evidente». Stella prova a indicare una prospettiva diversa per l’economia veneta: investire sulla tecnologia interet e sul turismo perché’ «in Veneto hanno preferito investire in altri capannoni, invece che in tecnologie nuove per le aziende e in imprese peri turisti».
 
«ORA DEMOLIRE». L’applauso più convinto, a dire la verità, se lo prende il professor Bruno Barel, che giudica la legge «non perfetta, certo», ma ricorda che la verità più forte di oggi è la crisi economica: «La barca va a fondo. Magari si palesasse chi investe per costruire qualcosa di più bello: la ratio della legge è aiutare a fare cose più belle architettoniche, energetiche: la norma è legata alla qualità del risultato, quindi tutto dipende da come la si fa funzionare. La legge nuova da dare al Veneto è “risparmio di suolo e rigenerazione urbana: basta espandere le città, rendiamo facile recuperare quello che c’è. magari con un fondo pro demolizioni: ripuliamo il territorio»