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BACKSHORING. IN CRESCITA IL NUMERO DI PMI CHE TORNA A PRODURRE IN ITALIA

Fino a qualche anno fa, il fenomeno della delocalizzazione delle Piccole Medie Imprese italiane in Paesi esteri era un trend in costante sviluppo. Le aziende infatti cercavano di ridurre in maniera consistente i costi connessi all’attività imprenditoriale, in particolar modo quelli per il personale. Ciò che gli imprenditori non sono stati completamente in grado di prevedere è stato il costo nel medio periodo, cioè la variazione delle condizioni socio-economiche nei Paesi di destinazione che si sarebbe verificata a distanza di qualche anno. Si pensi ad esempio alla Cina, dove per riportare il dato più eclatante, il salario medio sta aumentando su base annua di circa il 20%, per non parlare dell’incremento dei costi logistici. Tale variazione dei costi e la crisi economica che ha ridotto la competitività di molte aziende italiane all’estero, ha incentivato un fenomeno che in gergo tecnico si chiama “backshoring“, ossia il ritorno in patria delle attività produttive precedentemente delocalizzate. Un trend noto anche negli USA, dove il colosso della tecnologia Apple ha riportato negli Stati Uniti parte della produzione di hardware. Dal 2007 al 2012 vi è stata una forte crescita a livello europeo dei ritorni, con l’Italia in testa con circa il 60% dei casi a livello continentale. I settori maggiormente coinvolti sono stati quelli dell’abbigliamento, spinto dal valore del Made in Italy, meccanica e occhialeria. Il fenomeno non ha solo evidenze negative: il fatto che le aziende siano propense a tornare può generare benefici per l’indotto, come per esempio posti di lavoro qualificati ed ad alta specializzazione, ma sembra necessario che a livello governativo vengano incentivate le produzioni nel nostro Paese, così come venga spinta la competitività delle stesse nel mercato globale