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BILATERALITA’ ARTIGIANA OLTRE IL 2010: UN ESEMPIO DI NUOVO WELFARE REGIONALE

19/03/2010BILATERALITA' ARTIGIANA OLTRE IL 2010: UN ESEMPIO DI NUOVO WELFARE REGIONALEBilateralità e contrattazione territoriale hanno mostrato e stanno mostrando, in occasione di questa crisi economica, tutta la propria validità e forza. Occorre adesso che questi strumenti vengano adeguatamente rafforzati, per poter dare risposte all'altezza delle necessità del territorio.Questo è il messaggio che la Confartigianato del Veneto ha lanciato in occasione del convegno "Bilateralità artigiana oltre il 2010", organizzato per discutere della bilateralità nella prospettiva del welfare regionale. All'incontro pubblico hanno partecipato, assieme al presidente veneto della Confartigianato, Claudio Miotto, il Ministro del lavoro, On. Maurizio Sacconi, il Sen. Maurizio Castro della Commissione lavoro e previdenza del Senato, il direttore regionale dell' Inps, Antonio Pone, la segretaria della Cisl Veneto, Franca Porto e Sergio Trevisanato Segretario Regionale Formazione per conto dell'Assessore al lavoro, Elena Donazzan."Il Veneto ha tutte le caratteristiche per essere un territorio su cui sperimentare la collaborazione fra le parti sociali, soprattutto in funzione del lavoro nelle imprese diffuse come quelle dell'artigianato". Lo ha detto il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, intervenendo ad un convegno della Confartigianato del Veneto. "La bilateralità – ha aggiunto – in questo periodo ha saputo sostenere il reddito dei lavoratori insieme alle risorse che da noi sono state messe a disposizione, ma la bilateralità ha la potenzialità per svolgere anche funzioni di collocamento, di certificazione dei contratti di lavoro, di arbitrato nel caso di contenzioso, di investimento nella formazione dei lavoratori". "Basti pensare – ha proseguito Sacconi – che nel caso dell'apprendistato, quando le parti si mettono d'accordo, possono fare formazione vera e che serve, rispetto a quella pubblicistica, per non dire ancora della sanità integrativa, della previdenza, della stessa sicurezza e salute dei lavoratori".  "Insomma – ha concluso il ministro – la bilateralità veneta è la buona pratica a cui fare riferimento per costruire un più generale modello per i lavoratori delle piccole imprese, un modello di collaborazione fra le parti sociali che ritorna a favore tanto dell'impresa quanto del lavoro".La CIG in deroga, strumento straordinario nato per far fronte ad una crisi altrettanto straordinaria, sta esaurendo il compito transitorio datogli dalla legge 2/2009 -la prima disposizione organica sugli ammortizzatori sociali dedicati alle imprese prive di Cassa Integrazione Ordinaria-. Inizia ora l'iter per una vera riforma degli ammortizzatori sociali ed il mondo dell'artigianato veneto vuole e deve essere al centro di questa importante riforma."Il Veneto non può che essere un laboratorio nazionale per la sperimentazione e la costruzione di nuovi ammortizzatori sociali, vista l'esperienza maturata -spiega Claudio Miotto, Presidente della Confartigianato del Veneto- Occorre rafforzare la bilateralità e la contrattazione regionale, prestando la massima attenzione perché le modalità attuative ne esaltino l'efficacia e il ruolo, e stabilendo regole chiare, rigorose e verificabili per l'operatività"."Non vogliamo, tanto per essere chiari -continua Miotto- entrare nella "CIG ordinaria! la nuova cassa integrazione dovrà invece assumere una veste ed una modalità proprie in modo da salvaguardare l'impresa artigiana che ha dimostrato di utilizzare in modo differente dall'industria gli ammortizzatori".Bilateralità, Territorialità e Contrattazione regionale sono le architravi di un modello che,  per funzionare, deve avere tra i cardini la decontribuzione, uno strumento indispensabile per promuovere la produttività e l'efficienza aziendale, se coniugato con la contrattazione di secondo livello. "La decontribuzione va rafforzata, perché consente di riconoscere al territorio il contributo che ha dato all'aumento della ricchezza dell'area, riducendo la forbice tra retribuzione reale e costi per l'impresa", conclude Miotto.A quasi 20 anni dalla costituzione di EBAV i numeri ci dicono che è diventato uno strumento essenziale per il lavoro artigiano ed un punto di riferimento essenziale per l'artigianato italiano.154.000  lavoratori versanti del manifatturiero (esclusa l'edilizia); 35.000  le imprese socie (esclusa l'edilizia) 15 milioni gli euro disponibili per servizi destinati ai lavoratori e dipendenti nel 2010 54 i milioni erogati dal 1992 ad oggi ai lavoratori di cui:21 milioni riguardano i sussidi per far fronte alla mancanza di lavoro nel corso dei 18 anni Di questi 21 mln quasi 5 mln sono stati corrisposti  per far fronte alle fermate lavorative derivanti dalla crisi dell' anno 2009.Se alle cifre descritte in precedenza dovessimo aggiungere anche le quote destinate alle imprese per sostenere il lavoro artigiano attraverso la formazione, la promozione ed altre prestazioni, l'impegno complessivo va quasi a raddoppiarsi.Possiamo annoverare e definire tutti questi interventi con un nome oggi abusato, Welfare? Con mille distinguo, considerata che la parte di intervento verso le imprese non è propriamente tale, vi è certamente una fortissima componente di welfare nell'intervento di Ebav.Non è un welfare residuale. Ma è certamente un welfare con caratteristiche di tipo privatistico, in cui sono le parti sociali a fissare principi, regole, e modalità applicative.