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CALZATURE E PARTE DELLA CERAMICA, ULTIMI DEI “MADEIN-CANI”

La presidenza UE di turno (Lituana) propone di spolpare del tutto la norma sull’origine.
Fascina Moda: “L’uscita di legno arredo e gioielli era preludio a fallimento del progetto”

“Chi vedeva l’uscita del legno arredo e del gioiello dalla trattativa in sede europea nella definizione del perimetro di applicazione del “made in“ come una mezza vittoria che avrebbe sbloccato definitivamente il provvedimento è stato prontamente deluso. Noi di Confartigianato Imprese Veneto, purtroppo, l’avevamo letta da subito come lo smantellamento di un obiettivo primario che l’Europa avrebbe dovuto darsi: tutelare le proprie produzioni manifatturiere dal fenomeno della contraffazione e del fatto male”. Lo afferma Gianluca Fascina Presidente della Federazione moda di Confartigianato Veneto nel commentare la notizia che, alla vigilia del Consiglio Ue sulla competitività, il nostro Paese si sta ritrovando in minoranza nel pretendere che la tutela del “Made in” sia quanto meno applicata ai settori del tessile/abbigliamento, calzature e ceramica. La proposta della Lettonia, Presidente di turno dell’UE, prevedrebbe infatti soltanto di limitare la garanzia del “made in” al settore calzaturiero ed a parte di quello ceramico. Parafrasando un famoso titolo di film rimangono gli “Ultimi madein-cani””.
Il problema più grosso sta nel fatto che la posizione italiana è in netta minoranza tra i 28 Stati dell’Unione (16 contro 12) e la capofila del fronte contrario, manco a dirsi, è la Germania che si dice fermamente contraria al riconoscimento della tutela del “Made in” anche ad un solo settore. Non è certo un mistero che l’attuale situazione di caos legislativo e l’eventuale deregolamentazione agognata dalla maggioranza degli Stati europei sia un esplicito favore a quelle società multi o transnazionali che delocalizzando completamente i propri processi produttivi nei paesi in via di sviluppo sono fortemente interessate a non palesare l’origine geografica dei beni poiché prodotti a costi altamente competitivi e successivamente rivenduti, con elevati margini di profitto, nei mercati sviluppati.
“C’è chi grida allo scandalo –afferma Fascina- soprattutto per la grande occasione sprecata dal Governo Renzi, nel corso del precedente semestre a guida italiana dell’Ue. Io dico che la battaglia sulla tutela dell’origine italiana delle merci prodotte sul territorio nazionale doveva essere un punto essenziale della politica europea da almeno quindi anni a questa parte. Sul tavolo degli imputati quindi, mi sento di mettere tutti i Governi che si sono succeduti in questi anni e non solo loro. La politica delle grandi imprese italiane soprattutto del settore moda, non è stata affatto trasparente. Un atteggiamento che ora un po’ sta cambiando. Speriamo –conclude- che questa ritrovata attenzione per le filiere, unitamente alla alleanza della cugina Francia che ha presentato nei giorni scorsi un piano decennale per ridare vigore al settore manifatturiero francese che prevede, tra l’altro, la registrazione del marchio Made in France, possano portare ad un epilogo almeno dignitoso”.