Camerieri di sala, cuochi di ristorante e aiuti cuoco, banconieri di bar e di gelateria. Ecco le figure che il settore Alimentazione ha difficoltà a trovare.
Oliveri e Malinverni: “Vanno capite le motivazioni di questa disaffezione per professioni che portano con sé storia e cultura locale anche in chiave turistica”.
Comunicato 58 – 14 aprile 2022
Con la chiusura dello stato d’emergenza e la possibilità di una maggiore mobilità riprendono anche le uscite. In attesa di capire come andrà la stagione turistica, i settori legati all’alimentazione (ristoratori, panificatori, pasticcerie, gelaterie…) riprendono a lavorare dopo essere stati tra quelli che hanno maggiormente sofferto i diversi lock down e le norme sul distanziamento nei locali. La strada però appare in salita considerato che accanto ai costi delle forniture energetiche e delle materie prime, il rilancio del comparto deve fare pure i conti con la carenza di personale. Una problematica che tocca anche le imprese di Confartigianato Vicenza ovvero le 1.002 attività artigiane del settore alimentare, comparto che occupa 5.151 addetti.
Già nel 2021 nel vicentino erano previste 10.720 assunzioni, comprendenti anche figure legate a lavori stagionali o a chiamata, di cui la metà di difficile reperimento. Non va meglio nel secondo trimestre del 2022 (aprile-giugno): il fabbisogno è di 1.950 addetti con un 47,4% considerato difficile da trovare. In particolare, le imprese dell’alimentazione cercano 650 camerieri di sala, 330 aiuti cuoco, 220 banconieri di bar, 180 banconieri di gelateria, 160 cuochi di ristorante.
“Il tema del personale qualificato, come spiegano i dati, non riguarda più e solo determinati comparti, come la manifattura, ma oramai è un problema trasversale che tocca tutti i settori – commenta Oliviero Olivieri, presidente dei Pasticceri e Gelatieri vicentini di Confartigianato -. I motivi di questa disaffezione al mondo della lavorazione e somministrazione degli alimenti possono essere molti: personale che durante la pandemia ha scelto altre strade occupazionali ritenute più ‘sicure’, disponibilità in termini di tempo che non tutti vogliono o possono affrontare. C’è chi non è disposto a levatacce per sfornare prodotti freschi e chi ha difficoltà a rinunciare ai fine settimana”.
“Qualche giovane è forse anche innamorato di figure quali lo ‘chef famoso’ senza comprendere che per diventarlo, come in tutte le professioni, serve preparazione e sacrificio. Probabilmente c’è poi una fetta di persone che ritengono, a torto, il tipo di professionalità impegnate nel comparto dell’alimentazione ‘poco moderne’ – prosegue Christian Malinverni presidente dei Ristoratori di Confartigianato-. Ricordo invece che per operare nel settore servono preparazione e percorsi formativi, competenze non improvvisate, conoscenza dei prodotti e dei loro processi di lavorazione. Quel che dispiace è che le occasioni offerte dal nostro territorio non vengano colte e che non si rifletta sul fatto che la fatica viene ricompensata non solo economicamente ma anche con la soddisfazione di un prodotto ben fatto. Senza dimenticare che ogni prodotto o piatto che si prepara è un pezzo di cultura e di storia che si salva, si trasmette e che porta il nome del territorio berico nel resto d’Italia e del mondo grazie ai turisti”.
“C’è chi attribuisce questa mancata risposta alla domanda del settore al fatto che talvolta i contratti sono ‘a tempo’. Comprendendo le remore di chi cerca occupazione a una certa età, valutandone anche la stabilità, ma credo che, soprattutto per i più giovani, lavorare in aziende in cui il confronto umano è quotidiano possa essere in ogni caso un’esperienza importante e una voce in più sul curriculum”, aggiungono Malinverni e Olivieri. I presidenti chiudono con una riflessione: “Sarebbe interessante poi capire quanto il reddito di cittadinanza pesi sulle scelte di alcune fasce di lavoratori e di conseguenza quanto quella misura abbia prodotto una distorsione nel mercato del lavoro”.