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Cavion (Confartigianato) sul salario minimo

“La questione va affrontata con serietà tenuto conto che in molte realtà, come nel nostro territorio, esistono strumenti che tutelano i lavoratori al di là dello stipendio”

La proposta del salario minimo nasce come obiettivo dell’Unione Europea per dare ai lavoratori di tutti gli Stati membri adeguate tutele per preservarne i redditi reali.

“Obiettivo nobile e condivisibile, ma complesso e che non può essere ridotto a popolari slogan o a informazioni parziali”, commenta Gianluca Cavion presidente di Confartigianato Imprese Vicenza. E aggiunge: “Pochi ricordano come, ad esempio, la contrattazione collettiva, ovvero il miglior bilanciamento tra richieste dei datori di lavoro e lavoratori attraverso i loro rappresentanti sindacali, rappresenti il primario strumento di tutela. È necessario quindi essere chiari perché le tutele non passano solo dallo stipendio stabilito ‘per legge’ ma anche da un insieme di condizioni contrattuali (ferie, permessi, flessibilità, percorsi di crescita, benessere aziendale…) e nel comparto artigiano di supporti erogati dalla bilateralità. In pratica più stipendio non significa necessariamente più tutele. Prova ne è il fatto che i più giovani oggi nel valutare l’offerta di lavoro non guardano più solo ai denari ma soprattutto agli strumenti del welfare che l’azienda propone”.

“Se con la base minima di 9 euro l’ora, cifra stabilita non è chiaro come, si intende evitare il depauperamento di lavoratori, anche in questo caso va considerato che gli occupati di alcuni settori, legati alla stagionalità (agricoltura, turismo) o alle ore di lavoro (personale per le pulizie), realisticamente avranno pochi margini di miglioramento. Inoltre, se l’obiettivo è di uniformare le situazioni economiche dei lavoratori dell’Unione si deve tener conto che nella costruzione del salario vanno considerati anche i ratei, per esempio di 13esima ed eventuale 14esima, che non tutti i Paesi prevedono”, continua Cavion.

Il presidente di Confartigianato Vicenza ricorda inoltre che “Alla contrattazione collettiva nazionale si affianca quella di 2° livello: per l’artigianato si tratta di una contrattazione territoriale di dimensione regionale che quindi tiene conto delle peculiarità produttive ed economiche del territorio e rende coerente lo stipendio con il contesto. È perciò migliorativa rispetto a quella nazionale. In questo caso le indicazioni europee vengono ampiamente superate. A questi risultati, va ricordato, non si arriva a caso. Dietro c’è, appunto, una contrattazione tra le associazioni datoriali e quelle dei lavoratori. Ora: se il 96% dei lavoratori è coperto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, ben oltre quindi in minimo dell’80% richiesto dalla UE, logica vuole che le due parti abbiano trovato un accordo rispetto alle loro reciproche richieste. Perciò da un lato il mercato ‘premia’ competenze, professionalità, preparazione, scolarità, esperienza, attitudini, con stipendi che nei fatti superano i minimi contrattuali (anche tramite concessione di superminimi) accrescendone il valore economico; dall’altro l’aspirante lavoratore valuta l’offerta anche in base a una serie di benefit quali le prospettive di crescita personale e le politiche di welfare dell’azienda”. “Il tema quindi del salario minimo va contestualizzato e la discussione fatta con concretezza e serietà per rispetto di tutte le parti coinvolte”, conclude Cavion.