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Cavion: il mercato delle materie prime pesa sulle aziende e sulla produzione

Proprio nel momento della ripartenza. Il governo accenda il faro sulla finanza che produce finanza e che non crea lavoro

5 maggio 2021 – di Gianluca Cavion – Presidente Confartigianato Imprese Vicenza

Conclusa la Festa del Lavoro, condizionata quest’anno da una situazione difficile e problematica a causa della pandemia e dall’incertezza sul futuro, ritengo necessaria una riflessione su chi il lavoro lo crea. Parliamo delle imprese, tutte, anche quelle dei settori che subiscono contrazioni dovute alle misure del distanziamento, stagnazione della domanda interna e la discontinuità di quella proveniente dall’estero, che non hanno altra scelta che guardare avanti e partecipare con determinazione alla ripresa, con un occhio anche ai contenuti del PNRR ed alle riforme che precedono e accompagnano il piano.

In questo momento poi a si sta verificando un’altra serie di eventi pericolosi e imprevisti tra i quali spicca il tema dei costi delle materie prime e delle difficoltà di approvvigionamento delle stesse che sta generando ulteriori problemi nelle diverse produzioni e creando gravi tensioni in tutte quelle attività a vocazione manifatturiera o nel settore delle costruzioni.
I prezzi dei metalli (febbraio 2021 su febbraio 2020) secondo il FMI, sono cresciuti del 53.6 % (e l’energia del 40%). Nella realtà vicentina il nostro punto di osservazione segnala che, da inizio anno ad oggi, i metalli, ma non di meno il legno, sono cresciuti tra il 40 % e del 60 %, in un range influenzato da magazzini che si stanno assottigliando o dalle condizioni contrattuali di acquisto.
Il timore diffuso, nelle piccole aziende del settore della meccanica di produzione e della carpenteria legata alle costruzioni ed alle grandi opere che stanno per ripartire, è che proprio questo sia un pericoloso collo di bottiglia, se l’effetto degli aumenti non si arresterà e si verificherà una conseguente difficoltà di approvvigionamento a costi stabili. Da qui parte degli ordini verranno messi in discussione e ci sarà prudenza nell’accettarne altri, in una domanda che, torna a crescere nella meccanica ed è trainata dall’Ecobonus nell’edilizia.
A questo punto c’è da chiedersi se sia stato fatto tutto il possibile per evitare questa pesante situazione. Il picco di questi mesi è analogo a quello che seguì la crisi del 2008 al termine della quale si pensava si sarebbero messi alcuni paletti alla finanza richiamandola al ruolo di supporto reale alle attività produttive e non speculativa come in questo frangente.
Ma, evidentemente non è così. Si assiste ad intermediazioni, in questo ambito di commodities, che hanno origine nell’enorme liquidità di taluni soggetti e la conseguenza in una scontata facilità di realizzare margini netti senza correre rischio d’impresa. Vi è più di un sospetto che non ci si limiti ai prodotti finanziari che hanno come sottostanti i prezzi delle commodities, ma vi siano acquisizioni di materie prime, magari per conto di paesi, come la Cina, che dispongono di mezzi importanti in condizioni di opacità di mercato.
Da qui a chiedere al Governo di aprire un faro, attraverso le autorità preposte, il passo è breve. Anche se purtroppo temo non basti la dimensione domestica a contrastare la “finanza che produce finanza”. Si tratta di un intervento quanto mai necessario sia per la dimensione imprenditoriale media che caratterizza il Paese, sia perché le nostre imprese sono parte di filiere di fornitura che, ad esempio, interessano anche il mercato tedesco, che subisce la medesima congiuntura dei prezzi ma con una struttura dimensionale e patrimoniale diversa dalla nostra.
Sempre in tema di risorse, all’approvvigionamento delle materie prime si aggiunge l’ulteriore grave difficoltà di reperire manodopera qualificata e specializzata per le imprese artigiane. Non a caso recentemente abbiamo, ed è solo un esempio, rilanciato lo strumento degli ITS, concorrendo all’obiettivo di raddoppiarne gli allievi. Pensiamo ad esempio alla meccatronica, dove se il raddoppio fosse domani, ancora non basterebbe. Il Governo è atteso a questa sfida. Gli si chiede di uscire dall’improduttiva rigidità del blocco dei licenziamenti per consentire percorsi guidati, con nuove politiche attive, per passare da competenze ‘eccedenti’ a competenze ‘carenti’ e necessarie subito.
Ne va del futuro, sia dell’imprese che del lavoro.