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Noi crediamo nell’Europa ma l’Europa creda nelle piccole e medie imprese

Le normative europee incidono sempre più su ogni aspetto della nostra vita e delle nostre attività: per questo le piccole e medie imprese, cioè la quasi totalità del tessuto produttivo nei Paesi della UE, devono essere al centro dell’agenda strategica ed economica sia della Commissione di Bruxelles e sia del Parlamento di Strasburgo.

Ciò per consentire loro di affrontare le grandi trasformazioni del mercato, per aiutarle nella doppia transizione ecologica e digitale, nella costruzione di uno sviluppo sostenibile, in un contesto legislativo che dev’essere anch’esso “sostenibile” per gli operatori economici. Questo l’appello che il presidente Gianluca Cavion ha rivolto ai politici durante l’affollata Assemblea Soci di Confartigianato Vicenza svoltasi in Fiera.

Finora, la gran parte delle norme e delle politiche d’impresa e di mercato è stata disegnata su quell’1% di aziende europee che sono di dimensioni maggiori, mentre dalla “nuova” Unione Europea uscita dalle elezioni di giugno – questo il senso della relazione di Cavion – è doveroso aspettarsi un approccio del tutto differente: ovvero norme proporzionate alle reali dimensioni delle aziende, accompagnate da una razionalizzazione delle misure già esistenti. 

Ciò che serve, insomma, sono regole chiare e un contesto comunitario che sia realmente “a misura” di piccola impresa, anche per consentirle di reggere le sfide della globalizzazione. Rafforzare il sistema produttivo europeo vuol dire, quindi, evitare un approccio “ideologico” su quegli obiettivi strategici che difficilmente sarebbero realizzabili con tempistiche e mezzi non adeguati alla maggior parte delle aziende europee, coinvolgendo in questo processo le rappresentanze di categoria.

Bisogna dunque dare sistematica applicazione a quel principio che invita a creare norme e leggi che siano “alla portata” delle piccole aziende, testandone l’operatività e i possibili effetti successivi. 

Per semplificare la vita alle imprese, serve poi favorire l’interoperabilità delle principali piattaforme pubbliche nazionali ed europee; e anche gli indicatori e i cosiddetti standard ESG (ovvero quei fattori di tipo ambientale, sociale e gestionale che qualificano un’attività economica come sostenibile) devono risultare adatti e “sopportabili” per le caratteristiche della piccola impresa.

Analogo discorso vale per l’accesso agli appalti, che va accompagnato da una semplificazione delle procedure e dei requisiti che permettono di accedere agli investimenti pubblici e privati.

Perciò, se va combattuto anche “culturalmente” il fenomeno del ritardo nei pagamenti tra imprese private e della Pubblica Amministrazione, vanno pure rese flessibili e adatte alle piccole imprese le regole bancarie europee, che devono tener conto della dimensione aziendale. 

Analogamente, come ha sottolineato Cavion, vanno anche elaborati dei sistemi di rendicontazione “adatti” per fornire i dati rivolti alla valutazione degli istituti di credito, evitando ingiustificati e complicati adempimenti – anche non di carattere finanziario – che sono sproporzionati rispetto alle caratteristiche delle micro e piccole imprese. Utilizzando tali leve, potranno essere maggiormente sostenuti gli investimenti per l’aggiornamento e l’innovazione aziendali, rafforzando l’inclusione delle micro e piccole imprese nel campo dei bandi per gli appalti pubblici. 

Le risorse che l’Europa mette a disposizione affinché le aziende diventino più competitive, più tecnologicamente avanzate e più sostenibili, che si sommano ad altre misure messe in campo dagli attori a livello locale, ad esempio la Regione o la Camera di Commercio, sono molto importanti.

I vari fondi e i progetti comunitari rappresentano davvero altrettante occasioni di sviluppo; spesso, però, la difficoltà per le piccole e medie imprese è venirne a conoscenza, intercettarle ed accedervi.

Compito delle Associazioni come Confartigianato è informare sulle tante iniziative in materia, nonché affiancare le aziende nelle richieste di partecipazione ai bandi, organizzando le procedure necessarie: sono già molti gli esempi positivamente portati a termine, anche nel Vicentino, alcuni dei quali sono stati illustrati durante l’Assemblea in Fiera.

Perciò, proprio considerando il peso dell’artigianato e della piccola impresa nel panorama europeo, è opportuno che chi redige i bandi per l’accesso alle risorse tenga conto delle caratteristiche e delle esigenze reali delle aziende, nonché dei territori in cui esse operano. 

Lo zoccolo duro del tessuto produttivo italiano, e veneto e vicentino in particolare, è rappresentato da unità produttive che contano fino ai dieci o ai cinquanta addetti: e sono proprio loro, non a caso, quelle che manifestano maggiori difficoltà a intercettare le risorse messe a disposizione.

L’altro aspetto critico è il corredo burocratico richiesto, anche solo per inoltrare la domanda di accesso ai bandi. In molti casi si tratta di requisiti, documenti e procedure di selezione che possono scoraggiare anche chi avrebbe tutte le carte in regola per partecipare. 

Nel suo impegno quotidiano come associazione di categoria, Confartigianato sta mettendo a fuoco ulteriori modalità per intensificare l’azione di comunicazione tempestiva rivolta ai soci: sia per promuovere i bandi, e sia per spiegare quali e quanti siano adatti alle diverse realtà produttive. È abbastanza frequente, infatti, che bandi e contributi siano specificamente finalizzati, ad esempio rivolti a certi codici Ateco, o diretti a sostenere solo determinati interventi. 

Ma anche quando un’azienda, o un gruppo di aziende, si sono aggiudicati un contributo per lo svolgimento di qualche progetto, un’altra grande difficoltà operativa risiede nella rendicontazione. Invece, fatta salva la necessità di individuare e sanzionare i comportamenti dolosi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di velocizzare al massimo l’iter di erogazione delle risorse, chiedendo la documentazione minima indispensabile a comprovare l’avvenuta realizzazione delle attività e dell’investimento nel suo insieme. E si potrebbe fare anche qualcos’altro, vista la difficoltà delle micro e piccole imprese a intercettare le risorse: perché non pensare a forme di “riserva fondi” dedicate specificamente a loro, nell’ambito degli stanziamenti per bandi pubblici?

Concludendo, l’appello di Confartigianato è che si attivino politiche tali da consentire davvero alle nostre aziende di svilupparsi e di governare le transizioni in atto, operando in un quadro normativo improntato al sostegno dell’imprenditorialità e della competitività in forme più accessibili. 

Non è un caso, infatti, che l’elevata complessità delle procedure burocratiche influisca anche sulla percezione che hanno i cittadini circa l’impatto dei progetti cofinanziati dall’UE: tale percezione, in Italia, è positiva solo per il 56% delle persone, la quota più bassa fra tutti i 27 Paesi comunitari.

“Dalla ‘nuova’ Europa – ha sintetizzato Cavion – ci aspettiamo che si individuino gli strumenti e le misure migliori per finanziare l’innovazione e gli investimenti da parte di quella miriade di imprese che sono piccole per singole dimensioni, ma non per valore complessivo, per capacità produttiva e occupazionale, per importanza sociale oltre che economica. Noi ci sentiamo orgogliosamente europei, e proprio per questo vogliamo credere di più nell’Europa. Ma anche l’Europa deve credere di più in noi”.