Dipendente infedele e gestione contabile: il consiglio
La Rubrica di questo numero è curata dall’avvocato Maurizio Camillo Borra dello Studio Legale Associato BBCZ
La questione
In una s.r.l. artigiana – che opera nel settore elettrotecnico – il ruolo di responsabile amministrativo è ricoperto dal sig. Giovanni, un ex dirigente di banca che negli anni è diventato il ‘braccio destro’ del proprietario e amministratore unico della società, sia per le questioni amministrative /finanziarie della società sia per quelle personali.
Nel corso degli anni la fiducia è cresciuta a tal punto che Giovanni possiede tutti i token (chiavette) nonché le password relativamente all’utilizzo dell’home banking di tutti i conti correnti, nonché le carte di credito e i pin delle stesse.
Purtroppo, Giovanni dopo qualche anno che era stato assunto inizia ad avere il vizio del gioco on line e, dopo aver speso tutti i suoi risparmi, inizia ad avere necessità di soldi. Si fa anticipare il TFR, ma dopo poco tempo perde al gioco anche quello.
A questo punto inizia una serie di operazioni sui conti correnti delle banche: produce F23 e F24 falsificati per far sembrare che paga regolarmente Iva, Inps e altri oneri tributari, mentre in realtà si bonifica le relative somme dai conti correnti dell’azienda al suo conto corrente personale.
Anche l’accesso al cassetto fiscale rimane di competenza del solo Giovani, mentre il commercialista dell’azienda (da trent’anni sempre lo stesso) si fida e opera un controllo soltanto “a valle” rispetto alla documentazione che gli fornisce Giovanni.
Dopo dieci anni dall’assunzione di Giovanni, il figlio dell’imprenditore – Marco – si laurea in Economia e Commercio e viene assunto dal padre per iniziare a lavorare nell’amministrazione dell’azienda. Marco, avendo sempre sentito che Giovanni era l’uomo di fiducia nonché ormai amico del padre, si mette a disposizione di Giovanni per iniziare a imparare, ma, forte delle conoscenze avute all’università, inizia a richiedere una serie di informazioni e prove documentali che invece Giovanni si rifiuta di consegnare e condividere.
Inizia a sospettare dell’operato di Giovanni, ma il padre non gli crede fino a che non arriva l’ennesima (le altre erano state occultate da Giovanni, mentre questa viene intercettata dal figlio Marco) cartella esattoriale relativa a un debito tributario: il titolare dell’azienda mette alla strette Giovanni che si dimette immediatamente, ma prima cancella tutto il server aziendale relativo alla sua postazione e alle sue email.
Scoprono che negli ultimi cinque anni aveva distratto somme per circa 650.000 mila euro.
Le problematiche
Il titolare dell’azienda, dopo le dimissioni di Giovanni, si è rivolto a un legale per procedere con una causa di lavoro, una querela e la costituzione di parte civile nell’instaurando procedimento penale, oltre a una causa di risarcimento danni.
L’azienda ha subìto un grave danno non soltanto economico, ma ha rischiato di fallire, poiché la sottrazione di liquidità ha comportato che nel momento in cui si è venuto a sapere del debito tributario anche le banche hanno chiesto il rientro delle proprie esposizioni, cosicché l’azienda ha dovuto immediatamente rivolgersi all’associazione di categoria e al confidi che hanno affrontato tutte le banche e hanno consolidato il debito, attraverso un nuovo finanziamento che è andato a estinguere i debiti passati ma la cui restituzione è stata programmata per 20 anni, consentendo nel frattempo di affrontare – sempre attraverso una rateizzazione – anche il pagamento del debito con l’Erario.
L’azienda ha deciso di interrompere il rapporto anche con il precedente consulente che da sempre assisteva l’azienda, poiché imputa allo stesso una negligenza e poca professionalità.
Emerge da questa vicenda che tutte le PMI hanno spesso una sola persona che si occupa dell’amministrazione, con il rischio che qualora sia tradita la fiducia datagli dall’imprenditore, vi possano essere ripercussioni anche pesanti sul piano economico-aziendale. Ciò a maggior ragione se si considera la molteplicità di procedure telematiche di pagamento, il cui utilizzo è normale sia delegato ai dipendenti.
Il consiglio
- avere un soggetto qualificato esterno all’azienda, come una associazione di categoria, per gestire la contabilità e/o per controllare la gestione interna;
- avere sistemi gestionali interni di reportistica che consentano anche all’imprenditore la verifica della contabilità;
- mantenere sempre il rapporto con gli istituti bancari andando periodicamente a incontrare i responsabili di filiale e i gestori dell’azienda, se del caso anche tramite un consulente del confidi;
- l’accesso al cassetto fiscale e alla pec dell’azienda deve essere nelle mani dell’imprenditore o, comunque, non di competenza della sola stessa persona che dirige/si occupa dell’amministrazione.
Articolo aggiornato al 27 maggio 2022
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