Skip to main content







L’era green sconfiggerà l’inquinamento da burocrazia delle imprese?

di Gianluca Cavion, Presidente Confartigianato Imprese Vicenza

Più di trent’anni fa, la nostra associazione coniò uno slogan che venne ripreso da tutto il sistema Confartigianato nazionale, tanto era stato ritenuto incisivo: “Stop all’inquinamento da burocrazia!”. In quelle poche parole, veniva condensato lo stato d’animo dei piccoli imprenditori che, chiamati a un nuovo e sempre più stringente sistema normativo anche in tema ambientale, non ne contestavano tanto lo scopo (anzi, quella era l’epoca in cui nascevano i consorzi artigiani per la depurazione acque reflue, o per lo smaltimento dei rifiuti di lavorazione), quanto il complicato sistema amministrativo con cui gli adempimenti dovevano essere osservati. Ovvero, producendo chili su chili di carte tra dichiarazioni, documenti, timbri, certificazioni, e così via.

Gianluca Cavion

Tanta acqua (speriamo sempre più pulita) è passata sotto i ponti da allora, ma la vocazione del nostro Paese per le lungaggini autorizzative e per le scartoffie, specie quelle inutili, pare rimasta intatta.

Ecco perché, in sede di commento alla Legge di Bilancio, il presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli ha ribadito al Governo la necessità di “migliorare il contesto in cui operano le imprese”. Anche questo, infatti, è un “ambiente” da bonificare, a suon di riforme. 

Ultimo esempio in ordine di tempo è il Piano Transizione 5.0, varato per incentivare investimenti in beni strumentali nuovi a elevato tasso di digitalizzazione, favorendo anche la riduzione dei consumi energetici: come mai finora ne hanno beneficiato solo poche centinaia di imprese, pur essendoci una dote di 6,23 miliardi? Perché tra rinvii, rimodulazioni e ipotesi di correttivi retroattivi, un’azienda aveva poche o insufficienti certezze per aderire alla misura. E a ciò va sommata la solita difficoltà nell’accesso agli incentivi, sia a livello burocratico che per la molteplicità di professionisti e competenze necessari alla presentazione della documentazione. Basti pensare alla complessità delle attestazioni richieste sulle prestazioni energetiche dell’impresa, o della catena fra imprese. 

Ovvio che a farne le spese siano soprattutto le piccole e medie attività, che non possono permettersi tali costi a fronte di benefici non certi, impedendo la necessaria programmazione. Così in molti “deviano” sul Piano 4.0. o su altre misure, magari meno forti, ma rodate e sicure.
E intanto, dato che il Piano Transizione 5.0. tocca investimenti effettuati nel 2024 e 2025, a fronte degli scarsi risultati ottenuti finora è stata avanzata l’ovvia ipotesi di correttivi, proprio per cercare di intercettare gli investimenti meno cospicui ma funzionali soprattutto alle realtà delle PMI. 

Già a giugno, quando si attendevano i decreti attuativi poi arrivati con le linee guida in agosto, osservavamo (lo ricorderanno i lettori di FareImpresa) che il Piano 5.0 è una di quelle misure che vanno nella direzione di una concreta transizione green e digitale, due aspetti cui molte delle nostre aziende credono, proprio per il valore di innovazione e competitività, interna ed estera, che possono fornire alle loro produzioni, o di far parte delle filiere. Ora è necessaria una proroga dei termini, anche per evitare, nel caso la situazione si chiarisse, una corsa all’incentivo col prevedibile intasamento a livello di ordini, consegne e installazione, per esempio dei pannelli fotovoltaici. 

Ma la domanda, in definitiva, resta sempre quella: non è possibile evitare, prima, certi pasticci?

In tempi recenti, i nostri rappresentanti ai tavoli nazionali sono tornati proprio su questo argomento. Durante un’audizione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato sul disegno di legge “Semplificazioni”, i portavoce di Confartigianato – assieme a quelli di Cna – hanno presentato un pacchetto di proposte finalizzate a rendere il sistema della Pubblica Amministrazione più semplice, efficiente, veloce, diventando un vero “alleato” delle imprese. E hanno perciò sottolineato l’importanza di sfruttare le opportunità offerte dal PNRR, che prevede 9,6 miliardi di euro per la digitalizzazione e l’innovazione proprio nella PA. Ricordando che solo il 34% dei cittadini italiani è soddisfatto dei servizi pubblici, percentuale che colloca l’Italia al penultimo posto nell’Unione Europea. E, tra gli imprenditori del nostro Paese, ben il 78% si sente “ostacolato” dai continui cambiamenti normativi, mentre il 73% lamenta la complessità delle procedure amministrative.

In buona sostanza, il mondo dell’Artigianato e delle Micro e Piccole Imprese ha chiesto che il Disegno di legge “Semplificazioni” (giudicato apprezzabile nei suoi intenti) venga integrato con una serie di misure ritenute fondamentali per migliorare il rapporto tra aziende e apparato amministrativo, nonché per raggiungere l’obiettivo di semplificare 600 procedure entro il 2026, come previsto dal PNRR. A tale scopo è stata anche chiesta l’istituzione d’una “cabina di regia” con la partecipazione diGoverno, Regioni, enti locali e associazioni di categoria per favorire le semplificazioni, migliorare la qualità delle norme e assicurarne un attento monitoraggio sul processo di attuazione. Particolare attenzione andrebbe rivolta a quelle materie ritenute a più elevato “impatto amministrativo” quali gli appalti, il fisco, il lavoro e l’ambiente.

Concludendo: se il nostro Paese vuole continuare a progredire, non è più rinviabile una concreta ed efficace strategia per affrontare sia l’eccesso quantitativo e sia il disordine qualitativo delle leggi. 

Nell’era della sensibilità “green”, urge dunque anche un’opera di “disboscamento” normativo sulla quale, pensiamo, persino gli ambientalisti sarebbero d’accordo.