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Più fotovoltaico sui tetti: meno consumo del suolo

Dallo studio di DIH Confartigianato e ARPAV nasce l’idea di installare i pannelli in modo meno impattante.

Tra i capitoli del recente Rapporto nazionale “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2021” curato da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dalle Agenzie regionali che si occupano della medesima attività non manca il capitolo dedicato al Veneto, curato da ARPAV, nel quale ampio spazio viene dedicato al tema del fotovoltaico e a uno studio condotto al riguardo dal DIH (Digital Innovation Hub) di Confartigianato Vicenza. ll Rapporto fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione della copertura del suolo e rappresenta la base tecnico-scientifica su cui vengono prese le decisioni prese dalle istituzioni a livello locale e nazionale. A tale proposito, giova ricordare che quello dell’incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili è anche un aspetto fortemente incentivato dalle politiche energetiche e ambientali previste nel PNRR. Ebbene, i dati del Rapporto, relativi al 2020, mostrano una situazione in cui ben 788 ettari di territorio veneto risultano occupati da impianti fotovoltaici a terra; per quanto essi presentino indubbi vantaggi di convenienza economica, tutto ciò si scontra con una adeguata valutazione dell’ecosostenibilità degli stessi e del loro impatto sul suolo, risorsa già fortemente intaccata e compromessa.

“In una regione come il Veneto – si legge nel rapporto -, che presenta un tasso netto di consumo di suolo tra i più alti in Italia, sacrificare ulteriore territorio agricolo risulta difficile da accettare, anche se la produzione da energia solare è sicuramente un obiettivo importante nella lotta ai cambiamenti climatici indicato a livello mondiale ed europeo.”

E qui entrano in campo i risultati del recente studio effettuato dal Digital Innovation Hub della Confartigianato provinciale nell’ambito del progetto InnovationLab del Comune di Vicenza (finanziato dalla Regione Veneto). L’analisi si è posta l’obiettivo di stimare la quantità dell’insolazione delle superfici costruite e no, allo scopo di determinare l’ammontare dell’energia elettrica che potrebbe essere generata sfruttando le sole superfici dei tetti. L’analisi ha interessato i territori comunali di Vicenza, Creazzo, Sovizzo, Altavilla Vicentina e Torri di Quartesolo, ovvero quelli aderenti al progetto InnovationLab, e si è basata sui dati forniti dal geoportale del Veneto, i “big data” satellitari e la scansione sul suolo ricavata dalle rilevazioni laser aeree.

Quello che emerge dallo studio è che “se tutti i tetti del Comune di Vicenza con una superficie superiore ai 30 mq venissero usati per la produzione fotovoltaica, si potrebbero generare 543GWh all’anno, sufficienti a soddisfare circa la metà del fabbisogno energetico. Lo studio inoltre conferma che “edifici di maggiori dimensioni tendono ad avere un potenziale di produzione più elevato rispetto ai piccoli edifici residenziali, per una maggior efficienza nello sfruttamento della superficie disponibile.”

Il presidente di Confartigianato Vicenza, Gianluca Cavion, osserva al proposito: “Studi come questo effettuato dal nostro DIH dimostrano come la tecnologia e l’innovazione possono essere utili per gli amministratori, consentendo loro di fare scelte più ponderate e basate sui numeri. Incentivare l’installazione dei pannelli sui tetti degli edifici già esistenti, specie quelli relativi alle aree produttive, può – e secondo il nostro parere deve – rappresentare una seria alternativa al consumo di suolo, perché coniuga la necessità di tutelare una risorsa scarsa e non rinnovabile, appunto il suolo, alla necessità di produrre energia da fonti rinnovabili”. 

Un esempio, non l’unico, di “ampie superfici alternative” sono gli enormi centri logistici dei colossi dell’e-commerce, presenti ormai in diverse province della nostra Regione, i cui tetti potrebbero essere utilizzati per la realizzazione di impianti fotovoltaici senza impattare sulle superfici agricole. 

“L’alternativa che emerge dallo studio del DIH – aggiunge Cavion – andrebbe sostenuta con adeguate politiche. Si dovrebbe, infatti, rendere più conveniente il posizionamento degli impianti fotovoltaici sui tetti delle strutture produttive; le quali, tra l’altro, potrebbero beneficiare dell’energia autoprodotta, dar vita a comunità energetiche, e contestualmente implementare misure di efficientamento energetico secondo gli indirizzi del Green Deal europeo e del PNRR”. 

“Gli impianti fotovoltaici – aggiunge Nerio Dalla Vecchia, vicepresidente Confartigianato con delega alle politiche territoriali – hanno notevoli vantaggi, in quanto fonti energetiche a impatto zero sull’ambiente; questo però non deve andare a detrimento del tessuto imprenditoriale locale. Lo abbiamo ribadito più volte e l’ultima, in ordine di tempo, ha riguardato l’impianto a terra di un enorme parco fotovoltaico ipotizzato nel Comune di Malo. L’idea di utilizzare la superficie dei tetti – spazio altrimenti ‘sprecato’ – per i pannelli credo possa suscitare l’interesse di molte attività produttive, perché così facendo hanno l’opportunità di prodursi energia con risparmi sulle bollette. La soluzione emersa dai dati del DIH permette di preservare il suolo e il paesaggio dall’occupazione con sovrastrutture che, se pure temporanee, possono comportarne nel lungo periodo un’alterazione. Inoltre si tratterebbe di una tutela del territorio che, non dimentichiamolo, incide anche su un’altra importante voce economica: il turismo, settore nel quale molte delle nostre imprese sono impegnate”.