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IL 6 NOVEMBRE OLMI RACCONTA I RAGAZZI DI OGGI E DÀ IL VIA AL 10° ANNO DELLA SCUOLA PER GENITORI

La pellicola “Come voglio che sia il mio futuro” sarà presentata al Teatro Comunale di Vicenza.
Seguirà il dibattito tra il regista e lo psicologo e psichiatra Paolo Crepet.

Presentato anche al Festival di Venezia, s’intitola “Come voglio che sia il mio futuro” il film-documento girato da Ermanno Olmi con Ipotesi Cinema e il contributo della Banca Popolare di Vicenza per la Cineteca di Bologna: l’opera sarà proiettata a Vicenza nella serata di mercoledì 6 novembre, al Teatro Comunale con inizio alle 20.30, e aprirà il 10° anno della Scuola per Genitori promossa da Confartigianato Impresa Famiglia, fornendo lo spunto per un dialogo tra il regista e lo psicologo e psichiatra Paolo Crepet. Una serata che ha riscosso subito l’attenzione dei vicentini, tanto da registrare già il tutto esaurito.
“Come dimostrano i numeri si tratta di una serata davvero speciale e unica nel suo genere – spiega Agostino Bonomo, presidente di Confartigianato Vicenza- sia per gli ospiti sia per il tema affrontato, evidentemente attualissimo”.
Autore di pellicole indimenticabili, basti ricordare “L’albero degli zoccoli”, “La leggenda del santo bevitore”, “Il segreto del Bosco Vecchio”, “Il mestiere delle armi”, “Centochiodi”, Olmi questa volta ha scelto come “attori” ragazzi e giovani di tutta Italia. Sono loro, infatti, con i loro volti e le loro voci, gli unici protagonisti: non solo del lungometraggio, ma anche del futuro che li attende.
Dal “ricco” Nord fino al Sud più profondo, Olmi ha cercato non “risposte roboanti né convenzionali” per raccontare una intera generazione che si affaccia sul domani e che, apparentemente, sembrerebbe aver perso ogni riferimento per costruire, in base anche all’ambiente socio-economico di appartenenza, delle personali cartine di riferimento. Unico comune denominatore, la consapevolezza che il futuro è una prospettiva incerta, un tempo in cui si fa fatica a proiettarsi. Ma, partendo da tali presupposti, gli esiti possono essere anche diametralmente opposti, a dimostrazione che il “mondo giovanile” non è così monolitico come si pensa, né così pessimista come troppo spesso si legge.
In alcuni casi, soprattutto per i più piccoli (dai 9 agli 11 anni), a fare da bussola sono i mass-media, mentre per i più grandi non è semplice individuare una propria strada tra le varie possibili o tra le tante che si devono ancora scoprire (“intanto faccio più esperienze possibili”). E se al Nord il rapporto col lavoro futuro è una prospettiva che rende “autonomi, liberi” e che “permette di dimostrare che nel proprio piccolo si sa fare qualcosa”, magari passando anche attraverso esperienze diverse o “riscoprendo anche i lavori più tradizionali e umili”, al Sud il futuro è, adesso, “un” lavoro. Molte, infatti, sono le testimonianze di adolescenti che hanno lasciato la scuola, per diventare magari “pizzaioli affermati a 19 anni”, e che sostengono che “è difficile entrare nel mondo del lavoro con lo studio”. C’è poi chi parla del futuro come realizzazione del sé, del lavoro come di qualcosa che, nonostante la fatica e l’impegno, “ti dia soddisfazione”, come di qualcosa di reale, che non ti lascia vivere in quelle illusioni che “distraggono”. Figli del loro tempo, questi ragazzi hanno anche capito che il sistema delle raccomandazioni vige e funziona ancora: solo che, a differenza di quanto avviene all’estero, “qui chi raccomanda un incapace non ci rimette la faccia e la reputazione”. E poi ci sono loro, gli stranieri nati e cresciuti in Italia, che qui studiano e cercano anch’essi il loro futuro, scappando magari da realtà più dure dove l’istruzione è un optional; alcuni dei quali sostengono che, volendo, “la Cina è in Italia”.  Il lavoro di Olmi – che volutamente tralascia qualsiasi commento, affidandosi esclusivamente al montaggio delle varie testimonianze –  rappresenta quindi uno splendido e veritiero spaccato dell’essere giovani oggi in questo Paese.  Un documento utile a suscitare riflessioni e dibattiti, specialmente tra gli adulti, i genitori, gli educatori, e anche in quel mondo dell’impresa in cui progressivamente questi studenti andranno a inserirsi.