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Il “Capitale Sociale” della piccola azienda

di Gianluca Cavion, presidente Confartigianato Imprese Vicenza

Certi numeri non vanno mai scordati. Ad esempio, che oltre il 63% del totale di lavoratori in Italia è occupato in imprese di piccole dimensioni, nelle quali trova il primo impiego il 68% dei giovani. E, sempre nelle micro e piccole aziende, la presenza di quelle guidate da donne o a prevalenza femminile è superiore rispetto alle altre classi dimensionali: oltre un’impresa “micro” su cinque è femminile, una su sei se si considerano le piccole, mentre tra le medie e grandi solo una su sedici è guidata da donne; sul totale delle imprese femminili italiane, il 96,7% è micro.

Pure l’83% dei lavoratori stranieri è occupato in una micro o piccola impresa, e oltre il 99% di quelle straniere è di piccola dimensione.Quanto poi al territorio, le aziende artigiane sono un vero e propriopresidio di lavoro nei piccoli Comuni con meno di 5.000 abitanti, in cui rappresentano il 99,4% delle attività extra-agricole. Insomma, le piccole imprese contribuiscono – eccome – a fare grande l’Italia, e rappresentano anche un vero “capitale sociale” caratterizzato da una contrattazione diffusa, grazie alla quale si garantiscono salari congrui, tutele e sistemi di welfare integrativo.

Gianluca Cavion

A ribadire l’importanza di tutto ciò è stato il recente convegno promosso a Mantova da Fondazione Symboladurante il quale è stato presentato il Rapporto “Artigiani del Futuro.100 Storie”.E giustamente Marco Granelli, presidente nazionale di Confartigianato, ha sottolineato come quelle cento storie (raccolte dal Nord al Sud del Paese) testimonino “la capacità delle imprese ‘a valore artigiano’ di coniugare eccellente tradizione manifatturiera e innovazione tecnologica e digitale per dar vita a prodotti e servizi ben fatti, personalizzati e durevoli, con un occhio attento alla sostenibilità ambientale, alla valorizzazione del territorio e delle sue risorse, alla trasmissione di competenze ai giovani. Gli artigiani sono baluardo culturale e presidio identitario del nostro Paese, imbattibili autori di ‘pezzi unici’, ambasciatori del Made in Italy nel mondo e, al tempo stesso, ben radicati nelle comunità locali di appartenenza, cui apportano benessere economico e coesione sociale”. Tutto questo evidenzia il rapporto, che Fondazione Symbola ha riassunto in alcuni punti.

Per esempio, anche nei rapporti di fornitura, l’artigianato e le piccole imprese rappresentano un’infrastruttura che alimenta le odierne produzioni del Made in Italy, quindi l’idea di “qualità” italiana nel mondo.Infatti, si tratta di imprese che hanno una propensione a organizzarsi in reti e distretti per collaborare con l’industria. Sono oltre il 96% anche i contratti di rete che hanno per capofila una micro o piccola impresa, e oltre 33mila quelle coinvolte. Dei 6.553 contratti in essere, 5.731 hanno a capo una micro (87%), 568 una piccola (9%) e 254 una medio-grande (4%). 

Ne è un esempio virtuoso il distretto veneto della giostra, in cui nel tempo le piccole imprese specializzate in attività artigianali e dalle competenze uniche hanno deciso di affrontare il mercato mondiale unendosi in un sistema ricco di tradizione, innovazione ed eccellenza.

Le “100 Storie” raccolte nel Rapporto vanno dalla Meccanica alla Cultura, dall’Artigianato Artistico allo Sport, passando per altri comparti tipici del Made in Italy come Moda, Arredo e Agroalimentare. Storie, quindi, che restituiscono una foto aggiornata dell’artigianato e della sua capacità di legare tradizione manifatturiera, innovazione, sostenibilità, territorio e comunità, contribuendo a un’economia più “a misura d’uomo” e competitiva. 

Se parliamo di Cultura e Creatività, la quasi totalità degli operatori del comparto è composta da micro e piccole imprese, come accade nel mondo del progetto: Design e Architettura sono settori in cui l’Italia vanta una leadership europea.
Lo stesso vale per l’Agroalimentare, dove primeggiamo in Europa per numero di prodotti certificati DOP, IGP e STG: in quel contesto, le micro imprese sono oltre il 91% di quelle che producono IGP e quasi il 95% per le DOP, a sottolineare il ruolo di custodi di grandi eccellenze del Paese.

Vogliamo parlare del “green”? Nell’ultimo quinquennio, sono state 472.630 le micro e piccole imprese (rispettivamente 377.880 e 94.750) che hanno effettuato eco-investimenti su un totale di 531mila aziende. Confrontando i quinquenni 2011-2015 e 2017-2021, le micro e piccole hanno aumentato la quota di investimenti “green” rispettivamente del 44,8% e del 36,1% (medie e grandi insieme +39,7%). Inoltre, il 61,9% dei nuovi contratti di lavoro in cui sono state richieste competenze “green” è stato stipulato nelle micro e piccole imprese (2021). 

Anche Ricerca e Sviluppo in chiave ecologica sono trainate da queste realtà: i brevetti italiani relativi a energie alternative e gestione di rifiuti e inquinanti depositati a livello europeo da micro e piccole imprese sono oltre il 55% del totale (25% medie, 20% grandi). Nello specifico dei brevetti per la gestione dei rifiuti – trattamento e smaltimento dei rifiuti, riuso di materiali di scarto, controllo dell’inquinamento e combustione dei rifiuti – le micro e piccole imprese hanno depositato oltre il 60% dei brevetti italiani.

Per questo Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, conclude che “parlando di piccole imprese e artigianato, alcuni pensano a un punto di debolezza della nostra economia. Non è così”. 

Ed è giusto continuare a farlo presente. In tempi in cui si parla tanto di Intelligenza Artificiale, non è inutile ricordare che questo Paese evolve anche grazie all’intelligenza… naturale e al ruolo sociale dei suoi artigiani.