Il futuro che vorrei. Indagine tra i ragazzi delle superiori con focus sui vicentini.
Il lavoro che piace e che interessa è quello che fa crescere e star bene, questo il “mantra” delle nuove generazioni.
Comunicato 147 – 07 ottobre 2022
Un investimento forte nelle proprie competenze e nel mondo del lavoro che li attende, consapevoli delle complessità che dovranno affrontare. È questo il quadro che emerge dall’indagine “Il futuro che vorrei”, commissionata da Confartigianato Imprese Vicenza all’Istituto Universitario Salesiano Venezia (IUSVE) che ha coinvolto gli studenti della scuola secondaria di secondo grado della provincia di Vicenza e di altre quattro province venete (Verona, Padova, Treviso e Venezia). Un totale di 1.661 rispondenti tra i 14 e 19 anni, di cui 917 vicentini (soggetto previlegiato dell’analisi), raggiunti con questionario direttamente a scuola e via social media nei mesi di aprile e maggio 2022. L’indagine è stata progettata dall’Istituto Universitario Salesiano di Venezia (con la supervisione di Davide Girardi), mentre la rilevazione sul campo è stata effettuata da Demetra Opioni.net (con la supervisione di Beatrice Bartoli che, in collaborazione con Girardi, si è occupata anche dell’elaborazione dei dati raccolti).
“L’indagine si inserisce in uno scenario con trend demografico poco incoraggiante, anche per l’assenza di chiare e incisive politiche familiari, e in un momento storico in cui è difficile decodificare, anche per gli adulti, i cambiamenti in atto a livello sociale, economico e politico e prevederne gli sviluppi (pur in presenza di alcuni macro trend, quali la sostenibilità e le tecnologie). Tutto ciò si ripercuote nel mondo produttivo con molte imprese che faticano a trovare figure professionali e competenze per ridare slancio all’attività o sostituire maestranze in uscita. È quindi importante proseguire e rafforzare il dialogo tra scuola, famiglie e mondo del lavoro”, spiega il presidente di Confartigianato Vicenza, Gianluca Cavion.
“Per questo è quanto mai necessario oggi capire meglio i nostri ragazzi, tanto il loro approccio con la scuola, quanto la loro visione del proprio futuro professionale in un territorio in cui le piccole e medie imprese sono la maggioranza delle attività produttive presenti – spiega il vice presidente con delega alla Scuola e Formazione, Nerio Dalla Vecchia-. I dati sulla percezione che hanno della piccola impresa, come incubatore di relazioni e di competenze, oltre a darci una grande soddisfazione perché dimostrano che ci hanno capiti più di quanto immaginavamo, rende l’idea di quanto oggi, per questa generazione, sia importante il benessere aziendale, come e in alcuni casi più del guadagno o della stabilità del posto.”
L’indagine si articola su tre focus: le immagini del lavoro, l’orientamento scolastico e professionale e l’alternanza scuola lavoro o PCTO.
Rispetto alle aspettative che i giovani hanno del mondo del lavoro, salta all’occhio come, anche se il buon guadagno e la stabilità del posto siano rilevanti, la necessità di fare un lavoro che piace, che li interessa e che permetta loro una buona relazione con i colleghi e con i superiori, siano parimenti o più importanti, insieme alla possibilità di acquisire nuove competenze. Giovani, quindi, aperti al lavoro di squadra che sanno riconoscere una buona leadership e che hanno compreso il valore delle competenze in un mondo in continuo cambiamento.
Questo viene confermato dal dato che evidenzia come i giovani non si aspettino alcuno sconto per giungere alla meta di un lavoro soddisfacente: 7 su 10 infatti sono consapevoli che per avere successo nel mondo del lavoro sia necessario puntare sulle proprie competenze. Intraprendenza, intuizione e spirito collaborativo completano il quadro delle competenze trasversali utili per raggiungere il successo professionale (rispetto agli appoggi delle reti familiari e delle conoscenze).
E per trovare il lavoro che risponde alle loro esigenze i giovani sono anche disposti a spostarsi in altre province, regioni, o fuori Italia, anche in Paesi extraeuropei, propensione che interessa soprattutto le ragazze e i liceali.
Ragazzi quindi che credono nell’importanza della propria istruzione, che ambiscono ad una soddisfazione professionale e che non hanno paura di fare fatica o di spostarsi pur di raggiungere il loro obiettivo.
A sostegno della grande importanza che riveste per loro l’aspetto relazionale all’interno dell’azienda, su questo versante spicca la preferenza della piccola impresa rispetto a quella più strutturata, perché in grado di offrire migliori possibilità di interazione con i colleghi e di collaborazione con il titolare. I giovani riconoscono alla piccola azienda (rispetto alla grande) anche una maggiore capacità di offrire un lavoro interessante dando loro la possibilità di acquisire maggiori competenze. Le noti dolenti dell’immaginario giovanile registrano un saldo negativo della piccola impresa sul fronte del guadagno, della possibilità di fare carriera e della flessibilità. La cosa che sorprende è che il saldo si fa ampiamente negativo quando si affronta l’item dell’ambiente di lavoro tecnologicamente avanzato.
In tema di orientamento solo una minoranza di studenti dichiara di essere stato consigliato nella scelta del percorso di studi frequentato, sfatando un po’ l’idea che i ragazzi non sappiano scegliere da soli. I genitori e gli insegnanti rappresentano gli autori principali di tali consigli orientativi. Ciò introduce il tema delle motivazioni sottese allo studio. Gli intervistati affermano di studiare “per trovare un lavoro che piace, che interessa”, a conferma di quanto siano focalizzati nel trovare un lavoro che dia loro benessere e gratificazione.
Gli studenti della provincia di Vicenza poi sono più orientati verso un lavoro, che costruisca una buona professionalità (in prevalenza chi frequenta il professionale) e che permetta di trovare un’occupazione che faccia guadagnare (chi frequenta il tecnico). I ragazzi delle altre province invece sono più focalizzati sulla prosecuzione verso l’università. Una scelta, questa che, a livello vicentino, è prevalentemente femminile.
Sul tema alternanza-scuola lavoro la maggior parte dei ragazzi ritiene che ciò permetta di aumentare le proprie competenze, confrontarsi con lavoratori adulti e lavorare con altre persone. Da qui la risposta molto positiva, complessivamente il 58% con punta del 66% nel vicentino, alla domanda se le attività di collegamento formazione-lavoro andrebbero aumentate. A sostenerlo sono per la maggior parte degli studenti di tutti gli indirizzi di studi, anche dei licei.
“I giovani spostano sempre più in avanti la loro scelta definitiva sul percorso da intraprendere, così come le loro aspettative sul futuro lavorativo sono intervenuti i mutamenti strutturali in atto– aggiunge Cavion -. Ma dimostrano la volontà di crescere ‘nel lavoro’ intendendo quest’ultimo anche in maniera diversa da quello dei loro padri ovvero come un ambito di vita sintonico con gli altri”.
“Aspettative dei giovani e quelle delle imprese vanno riallineate quindi, anche con una maggiore attenzione delle imprese verso il capitale umano presente e futuro – prosegue Dalla Vecchia-. Serve inoltre maggior fiducia delle imprese nella scuola che superi anche la logica di ‘smontaggio’ delle competenze, quanto appreso in aula, e ‘rimontaggio’ delle stesse attraverso la pratica in azienda. D’altro canto anche al sistema scuola è chiesto uno sforzo per esempio superando l’approccio di studio ‘per discipline’, un maggiore investimento in termini qualitativi nelle attività di collegamento formazione-lavoro, rivedere strumenti e metodi per l’orientamento imparando da ciò che non funziona. Poi ci sono anche le famiglie che giocano un ruolo di non poco conto nel momento della scelta della scuola superiore. Un loro scarso coinvolgimento, stereotipi perduranti (di genere ma anche di classe), un orientamento più volto alla scelta della scuola che a un progetto di vita del figlio, sono alcune delle criticità emerse”.
“L’analisi – commenta Nicoletta Morbioli, Provveditore agli Studi di Vicenza- come scuola ci serve per migliorare ulteriormente le nostre azioni di orientamento scolastico e professionale, anche se i dati su Vicenza sono assai confortanti e ci danno riscontro dell’efficacia di quanto abbiamo intrapreso fino ad ora. La scuola deve farsi promotrice di un raccordo integrato, attraverso il coinvolgimento attivo di molteplici soggetti, a vario titolo interessati e impegnati nella promozione della funzione orientativa della formazione, al fine di costruire una “comunità orientativa educante”. In assenza di questo coordinamento integrato, è problematico affrontare con successo gli ulteriori processi di transizione e di apprendimento nell’arco della vita per raggiungere un soddisfacente “futuro che vorrei”.