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IN CONCOMITANZA CON L’INIZIO DEL SEMESTRE EUROPEO A GUIDA ITALIANA, POLITICI ED ESPERTI INDICANO LE PRIORITÀ PER SALVAGUARDARE LE ECCELLENZE ITALIANE: ETICHETTE “MADE IN”, LOTTA ALLA CONTRAFFAZIONE E DIFESA DEI DOMINI WEB DEL MONDO DEL FOOD E DEL VINO

L’Europa può essere il luogo “in cui è possibile la speranza?”. Se lo augurano le centinaia di migliaia di imprese manifatturiere italiane, in particolare quelle artigiane della moda, che ripongono tutte le loro speranze (appunto) nel semestre italiano per avere finalmente un regolamento renda obbligatorio il made in. Il Primo Ministro Renzi ha la grande occasione per inserire la tracciabilità obbligatoria delle merci tra le priorità del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea che inizia oggi” dichiara Gianluca Fascina, presidente della federazione Moda di Confartigianato Veneto che prosegue: “secondo gli ultimi dati disponibili (2013) il fatturato complessivo del sistema moda in Italia ammonta a circa 83 miliardi di euro. Un bilancio in miglioramento rispetto agli anni passati (davvero difficili), i cui effetti saranno più tangibili però nel corso del prossimo anno. In Italia il sistema moda conta quasi 87 mila imprese attive, pari al 17% delle imprese manifatturiere italiane (circa 515mila). L’11% sono localizzate in Veneto pari a 9.500 unità produttive (17,6% del totale manifatturiero regionale)”. “Numeri che meritano rispetto –afferma il Presidente- e sui quali è possibile declinare crescita, maggiore occupazione, benessere diffuso. Ma serve maggiore tutela. Un contributo che può venire anche dall’’obbligo di indicazione di origine controllata contenuto nella proposta di Regolamento sulla sicurezza dei prodotti approvata a metà aprile da parte del Parlamento europeo e che, da allora, attende la conclusione del negoziato in seno alla Commissione Ue. Ci appelliamo quindi al nostro Presidente del Consiglio affinché prenda atto del voto del parlamento e lo faccia rispettare. Se ne parla da troppo tempo. Ora bisogna agire. E l’Italia può e deve giocare un ruolo fondamentale esercitando una pressione sull’esecutivo per accelerare i tempi e far prendere al Consiglio una posizione”. “Ma la tracciabilità in Europa non basta –incalza Fascina- Il nostro Paese ha l’occasione storica per rilanciare il sistema manifatturiero ed attrarre investimenti nel nostro Paese perché l’industria italiana è oggi profondamente rinnovata e dispone di un mix vincente di prodotti che può offrire sui mercati internazionali, in particolare ai Paesi emergenti. Un mix che spazia dai tradizionali beni di lusso e di qualità per la persona e la casa alle tecnologie più avanzate. Il “Rinascimento industriale” non deve essere solo uno slogan ma un modo di concepire una moderna strategia tecnologica-manifatturiera per l’Italia. Tutto ciò passa necessariamente per il 100% made in Italy. Una indicazione di origine prevista dalla legislazione italiana, all’art. 16 della legge 166/2009 ma, come spesso accade in questo Paese, lasciata nell’oblio. E’ opportuno che il Governo promuova, valorizzi ed implementi la legge 166 definendo, ad esempio, i diversi disciplinari da essa previsti per le varie produzioni”. Questa Presidenza si carica di un valore simbolico non indifferente –conclude Fascina-, dovrà affrontare la dura prova del consenso popolare, in un periodo dove l’Europa sembra il nemico e non il protettore, dove l’Unione è divenuta, nell’immaginario collettivo, centro nevralgico di tutti i problemi. Sarà compito delle politiche proposte ed attuate ristabilire quel consenso popolare ormai ai minimi storici, e puntare sulle nostre lavorazioni a noi sembra un buon punto di partenza”. Adottare il regolamento che rende obbligatorie le etichette “Made in” per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario, intensificare la lotta alla contraffazione e difendere le produzioni vitivinicole di qualità dalla liberalizzazione senza criterio dei domini web: sono i principali dossier aperti sul tavolo dell’Unione europea che riguardano il Made in Italy e che dovranno essere presi in esame durante il prossimo semestre europeo a guida italiana, insieme ad altre questioni riguardanti l’agro-alimentare quali la riforma delle regole dell’agricoltura biologica, i negoziati commerciali di libero scambio Ue-Usa e il futuro del settore lattiero-caseario dopo la fine del regime delle quote. Il 15 aprile scorso il parlamento di Strasburgo ha approvato in sede plenaria un regolamento che rende obbligatorie le etichette “Made in” per i prodotti non alimentari venduti nel mercato comunitario: in pratica vestiti, automobili, oggetti di design e altre merci no-food dovranno avere la targhetta che specifica la nazione di provenienza del prodotto. Si potrà scegliere di scrivere “Made in Italy”, “Made in Spain”, “Made in France” oppure “Made in Ue”. Il voto ha segnato la vittoria del fronte Italia-Spagna-Francia, particolarmente interessate ad avere un’etichetta che certifichi l’origine delle loro merci in particolare nel settore moda, luxury e calzaturiero, e la sconfitta del fronte opposto composto da Paesi del nord e dell’est Europa, tra cui la Germania, che sono in genere importatori e assemblatori di materiali altrui. Il regolamento dovrà essere adottato dal Consiglio dell’Unione europea che riunisce i ministri degli Stati membri. Perché sia approvato è necessaria la maggioranza qualificata dei voti, che significa 260 “sì” da parte di almeno 15 Paesi. Se passerà verrà poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea ed essendo un regolamento (non una direttiva) entrerà da subito pienamente in vigore senza bisogno di essere ulteriormente recepito dai singoli Stati membri. In questo scenario giocherà certamente un ruolo importante l’Italia, alla quale è affidata la presidenza di turno del Consiglio della Ue nel prossimo semestre europeo. Quale presidente, infatti, il nostro Paese ha il ruolo di “agenda setter”, ovvero definisce le priorità sulle quali concentrarsi. In parte sono state anticipate occasionalmente nelle scorse settimane dal nostro governo, ma il 2 luglio, all’indomani dell’inaugurazione del nuovo semestre, il premier Matteo Renzi presenterà ufficialmente l’agenda sulla base della quale intende procedere. “L’approvazione del regolamento sul Made in – dice Valeria Fedeli, vicepresidente del Senato è fondamentale per mettere nelle stesse condizioni cittadini e consumatori sul terreno delle regole internazionali. Quando i prodotti europei vengono esportati in Usa o Cina hanno l’obbligo di etichettatura, altrimenti non passano la frontiera. È necessario che si faccia lo stesso all’interno del mercato comunitario”. Intensificare la lotta contro tutti gli illeciti è fondamentale per il Made in Italy. In Europa esistono già misure in questo senso come la protezione ex officio del Pacchetto qualità che permette di intervenire tempestivamente a livello comunitario per salvaguardare le eccellenze italiane. Così l’Italia è riuscita a bloccare, per esempio, la commercializzazione di un falso olio Igp toscano in vendita a Londra sugli scaffali di Harrod’s. Ma il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, sostiene: “Anche nei Paesi terzi dobbiamo trovare il modo di proteggere i nostri prodotti e per questo stiamo spingendo perché l’Ue inserisca questa priorità nelle trattative per gli accordi di scambio, come quelli con Giappone, India e Stati Uniti”. “Il Made in Italy è l’etichetta più contraffatta – aggiunge Valeria Fedeli – perciò serve un’unione doganale all’interno della Ue, una Corte di giustizia che si occupi della questione e, se necessario, anche un Alto Commissario per la Lotta alla Contraffazione”. La parlamentare del Pd ricorda inoltre che “c’è uno stretto legame tra la battaglia ai prodotti contraffatti e la crescita dell’occupazione legale. Non sono temi avulsi dall’impegno europeo e devono essere considerate priorità”. Un tema di cui si sta occupando, e potrebbe continuare ad occuparsi l’Unione europea, riguarda le liberalizzazioni dei domini web con suffissi connessi al mondo del food e del wine (.pizza, .vin., .wine). L’Icann – potentissimo ente statunitense no profit che tra i suoi compiti ha quello di gestire l’assegnazione dei domini Internet – ha appena assegnato a “Donuts”, un’azienda Usa, il dominio “.pizza”, simbolo del cibo made in Italy, e sembra che voglia continuare su questa strada (assegnazione di domini a imprese che non hanno niente a che fare con il prodotto) anche per un prodotto a noi particolarmente caro, il vino. Qualcuno ha già parlato di “guerra del vino 2.0” tra Usa e Ue. Di recente la vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroes, responsabile dell’Agenda digitale, ha inviato una lettera all’Icann pronunciando un secco no ai nuovi domini Internet .wine, .vin e simili senza la protezione delle indicazioni geografiche. Questo perché chiunque, dietro congruo versamento di soldi all’Icann, potrebbe impossessarsi di nomi di dominio contenenti indicazioni geografiche come brunello.wine e bordeaux.wine anche senza aver nulla a che fare con queste marche o con la denominazione indicata. Ansa Dacian Ciolos, commissario Ue all’Agricoltura, ha poi detto che le iniziative della Kroes hanno pieno supporto a livello delle istituzioni europee. Oltre alla Ue sono scesi in campo i singoli Paesi membri, soprattutto Francia e Italia. Il sottosegretario alle Comunicazioni italiano, Antonello Giacomelli ha chiesto all’Icann che “online siano garantiti gli stessi livelli di protezione che esistono offline”, aggiungendo che “non si tratta di una materia solo commerciale ma che attiene ai temi di pubblico interesse”. Il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha detto: “Il governo italiano è determinato ad assumere un’iniziativa forte sull’annosa questione dei domini ‘.vin’ e ‘.wine’ durante il semestre di presidenza italiana dell’Unione europea. Siamo coordinati con il ministro Guidi e il sottosegretario Giacomelli per accelerare sulle azioni di contrasto alla vendita di domini che sfruttino il Made in Italy agroalimentare in maniera assolutamente impropria”. Infine, secondo Valeria Fedeli, “il problema è la dichiarazione del vero e il controllo della veridicità di quello che passa online”. In ogni caso la questione dei domini è afferente alla governance di Internet, che proprio in questi mesi sta attraversando un processo per passare da un modello Usa-centrico a uno multistakeholder. Quindi la Ue può gestire il problema nel quadro dei negoziati internazionali. Per quanto riguarda il settore dell’agroalimentare nel suo complesso ci sono diversi dossier già aperti. Non tutti hanno stretta attinenza con il Made in Italy, ma è noto che il comparto food è una delle eccellenze della nostra nazione e quindi non puà che sollecitare la massima attenzione da parte della Ue. Di recente il presidente della Commissione Agricoltura Ue, Paolo De Castro, ha elencato i temi che, a suo parere, sono da condividere e da affrontare con urgenza. “Le nuove regole sull’agricoltura biologica, i negoziati commerciali di libero scambio Ue-Usa, al cui interno la tutela delle produzioni di qualità certificata rappresenta uno degli elementi principali, la difesa delle produzioni vitivinicole di qualità dalla liberalizzazione senza criterio dei domini web, la riflessione sul futuro del settore lattiero-caseario dopo la fine del regime delle quote”. Proprio De Castro è stato “candidato” nei giorni scorsi a futuro Commissario europeo per l’agricoltura da associazioni di categoria e consorzi, in primis dal Consorzio Grana Padano presieduto da Nicola Cesare Baldrighi. In effetti De Castro vanta un curriculum di tutto rispetto. Docente all’Università degli Studi di Bologna, economista e agronomo, è stato consigliere economico a Palazzo Chigi con Romano Prodi e poi ministro delle Politiche Agricole e Forestali nel primo e nel secondo governo D’Alema. Oggi è appunto presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del parlamento europeo.