LA CONFERENZA STAMPA DI RETE IMPRESE ITALIA
Sale a quota 100mila il conto delle imprese ‘morte’ nel 2012 rispetto al 2011. Il saldo tra mortalità e natalità delle aziende artigiane e di servizi di mercato più manifatturiere e costruzioni porta la somma a 100mila aziende “scomparse”. Consumi ancora in calo nel 2013 dopo un 2012 che ha segnato -4,4% dei consumi reali procapite. Si stima una flessione dell’1,4% per l’anno in corso, con un balzo indietro di 15 anni: 15.695 euro i consumi procapite nel 2013 rispetto a 15.753 del 1998. E secondo una stima di Rete Imprese Italia la pressione fiscale effettiva salirà nel 2013 a quota 56,1%, rispetto al 46,3% della pressione fiscale apparente. Nel 2012 la pressione fiscale per i cittadini in regola con il fisco è stata – secondo lo studio – pari a 55,2%.
Vedi dati in sintesi
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L’intervento del Presidente
I dati emersi dall’analisi appena illustrata confermano, purtroppo, la drammaticità, la profondità e la durata della crisi in cui si trova ancora il nostro Paese. Una crisi che viene da lontano e rispetto alla quale ancora non si riesce a scorgere l’uscita dal tunnel. Una crisi che ha colpito e che continua a colpire, indistintamente, tutti i settori e tutti i territori senza fare sconti a nessuno. Una crisi che si è abbattuta soprattutto su quell’Italia produttiva dell’economia dei servizi di mercato, del terziario, dell’artigianato e dell’impresa diffusa che, vivendo prevalentemente di domanda interna, sta pagando il conto più salato. Tanto che, nel 2012, in Italia ha chiuso un’impresa al minuto! Le imprese che noi rappresentiamo sono il luogo dove si crea ricchezza e nuova occupazione anche in tempi di crisi e dunque se questo luogo viene indebolito o distrutto, insieme vengono meno anche le prospettive di crescita per il Paese. Insomma, la dico così: insieme a un pezzo di economia che muore, muore anche il Paese. Certo, bene ha fatto il governo Monti ad aver messo in sicurezza i conti pubblici, a rafforzare la fiducia nei confronti della capacità dell’Italia di onorare il proprio debito pubblico. Così come è stato un bene per il nostro Paese la riduzione del costo del finanziamento del debito pubblico per via della riduzione dello spread. Tutto questo ha consentito all’Italia di recuperare fiducia e credibilità a livello internazionale. E ci ha consentito di superare i primi tornanti della crisi. Ma lo si è fatto al prezzo salatissimo di un’impennata della pressione fiscale complessiva e di pesanti effetti recessivi che ne sono derivati: un dato per tutti, il reddito pro capite delle famiglie è tornato addirittura ai livelli di 27 anni fa. Se questa è, dunque, la situazione è evidente che, con una pressione fiscale di oltre il 56% per i contribuenti in regola, una burocrazia che richiede ad ogni impresa 120 adempimenti fiscali e amministrativi all’anno, uno ogni 3 giorni, e un sistema del credito che nell’ultimo anno ha ridotto di 32 miliardi l’erogazione di finanziamenti alle aziende, il nostro sistema di imprese continua a rimanere sull’orlo del baratro. Occorre allora reagire per evitare di continuare ad avvitarci in questa perniciosa spirale recessiva e tornare a crescere il più velocemente possibile. Per questo le nostre imprese – quelle dell’artigianato, del commercio, del turismo, dei servizi, della logistica e le piccole imprese del manifatturiero e delle costruzioni – che non demordono, non si vogliono rassegnare e, ogni giorno, si impegnano per costruire lavoro e benessere, hanno deciso di non tacere più la loro sofferenza. Una richiesta – lo voglio sottolineare – che è venuta proprio dalle imprese che rappresentiamo, a testimonianza di come questa loro sofferenza abbia ormai superato i livelli di sopportabilità. Ecco perchè una mobilitazione nazionale per far sentire la nostra voce e invitare, persuadere, costringere la politica a fare una riflessione vera, nuova, moderna sul ruolo che le imprese che si riconoscono in Rete Imprese Italia possono avere per la ripartenza della nostra economia. Ricordando come questo sistema di imprese – con un contributo di circa il 60% alla crescita e all’occupazione del nostro Paese – è stato, è e sarà l’unico in grado di creare sviluppo e occupazione nei prossimi anni. Ora queste stesse imprese non ce la fanno più a reggere il peso della crisi. Non ci stanno più ad essere considerate marginali, soprattutto perchè tornare a crescere significa tenere insieme dinamicità dell’export e tonicità della domanda interna. Ma significa anche tenere insieme politica industriale e politica per i servizi e per l’artigianato. E quindi il messaggio alla politica e alla prossima legislatura che il 28 gennaio, giorno della mobilitazione, partirà chiaro e forte da tutta Italia è: ripartire dalle imprese legate al territorio, cioè da quel tessuto produttivo che, nonostante tutto, non si rassegna, non vuole tirare i remi in barca, si è messo in discussione e ha saputo innovare. Ecco perché il 28 gennaio le associazioni aderenti a Rete Imprese Italia organizzeranno su tutto il territorio nazionale iniziative che possono andare dalla convocazione degli organi – consigli, assemblee aperte con la partecipazione di imprenditori, politici e amministratori locali, candidati alle elezioni – fino ad arrivare a vere e proprie manifestazioni pubbliche e in piazza per sottolineare la sofferenza delle nostre imprese. Dal canto nostro, quella sarà la giornata in cui renderemo pubblico, attraverso un documento, il nostro contributo di proposte per la prossima legislatura. L’Italia ha persone e imprese straordinarie per tornare a crescere, ma serve un governo che lo voglia fortemente e subito, perché il tempo è già scaduto. Chiediamo, dunque, di riaprire una nuova stagione di dialogo, che metta al centro della politica economica della prossima legislatura, chiunque governi, le istanze di questo sistema di imprese. Chiediamo di essere ascoltati. Senza perdere di vista un punto che porremo in sede di confronto con le forze politiche e con il governo che verrà: quello di integrare – insieme in Italia ed in Europa – le ragioni del rigore con le ragioni della crescita, dell’equità e della coesione sociale. E questo significa, guardando alla legislatura che verrà, marcare l’importanza di una comune responsabilità repubblicana. E’ una responsabilità che chiama in causa politica ed istituzioni, ma anche il ruolo delle rappresentanze sociali ed il ruolo di Rete Imprese Italia. Perché questa comune responsabilità repubblicana non potrà che giovare al superamento delle sfide ancora aperte per il nostro Paese e, anzitutto, al superamento della sfida del ritorno alla crescita. Ma significa anche e soprattutto per le nostre imprese aggredire e risolvere tre grandi problemi: fisco, credito e burocrazia, che per molte imprese sono state la causa della chiusura dell’attività. Noi la nostra parte la faremo per fare valere le nostre ragioni: le ragioni della crescita. Le ragioni della crescita delle imprese e, in questo modo, del Paese tutto. Sono ragioni che, in assoluta autonomia, cercheremo di far valere nel confronto con tutte le formazioni politiche. Con una critica della politica esigente e severa, ma al tempo stesso capace di distinguere. E, proprio perché capace di distinguere, in grado di cogliere la necessità di coniugare rigore dei conti pubblici, riforme e misure per la crescita. Se vogliamo, dunque, far rientrare l’allarme rosso del 2013 non possiamo aspettare la crescita ma dobbiamo costruirla da subito tutti insieme. Un rinnovato ringraziamento a tutti e un arrivederci al 28 gennaio.
I dati emersi dall’analisi appena illustrata confermano, purtroppo, la drammaticità, la profondità e la durata della crisi in cui si trova ancora il nostro Paese. Una crisi che viene da lontano e rispetto alla quale ancora non si riesce a scorgere l’uscita dal tunnel. Una crisi che ha colpito e che continua a colpire, indistintamente, tutti i settori e tutti i territori senza fare sconti a nessuno. Una crisi che si è abbattuta soprattutto su quell’Italia produttiva dell’economia dei servizi di mercato, del terziario, dell’artigianato e dell’impresa diffusa che, vivendo prevalentemente di domanda interna, sta pagando il conto più salato. Tanto che, nel 2012, in Italia ha chiuso un’impresa al minuto! Le imprese che noi rappresentiamo sono il luogo dove si crea ricchezza e nuova occupazione anche in tempi di crisi e dunque se questo luogo viene indebolito o distrutto, insieme vengono meno anche le prospettive di crescita per il Paese. Insomma, la dico così: insieme a un pezzo di economia che muore, muore anche il Paese. Certo, bene ha fatto il governo Monti ad aver messo in sicurezza i conti pubblici, a rafforzare la fiducia nei confronti della capacità dell’Italia di onorare il proprio debito pubblico. Così come è stato un bene per il nostro Paese la riduzione del costo del finanziamento del debito pubblico per via della riduzione dello spread. Tutto questo ha consentito all’Italia di recuperare fiducia e credibilità a livello internazionale. E ci ha consentito di superare i primi tornanti della crisi. Ma lo si è fatto al prezzo salatissimo di un’impennata della pressione fiscale complessiva e di pesanti effetti recessivi che ne sono derivati: un dato per tutti, il reddito pro capite delle famiglie è tornato addirittura ai livelli di 27 anni fa. Se questa è, dunque, la situazione è evidente che, con una pressione fiscale di oltre il 56% per i contribuenti in regola, una burocrazia che richiede ad ogni impresa 120 adempimenti fiscali e amministrativi all’anno, uno ogni 3 giorni, e un sistema del credito che nell’ultimo anno ha ridotto di 32 miliardi l’erogazione di finanziamenti alle aziende, il nostro sistema di imprese continua a rimanere sull’orlo del baratro. Occorre allora reagire per evitare di continuare ad avvitarci in questa perniciosa spirale recessiva e tornare a crescere il più velocemente possibile. Per questo le nostre imprese – quelle dell’artigianato, del commercio, del turismo, dei servizi, della logistica e le piccole imprese del manifatturiero e delle costruzioni – che non demordono, non si vogliono rassegnare e, ogni giorno, si impegnano per costruire lavoro e benessere, hanno deciso di non tacere più la loro sofferenza. Una richiesta – lo voglio sottolineare – che è venuta proprio dalle imprese che rappresentiamo, a testimonianza di come questa loro sofferenza abbia ormai superato i livelli di sopportabilità. Ecco perchè una mobilitazione nazionale per far sentire la nostra voce e invitare, persuadere, costringere la politica a fare una riflessione vera, nuova, moderna sul ruolo che le imprese che si riconoscono in Rete Imprese Italia possono avere per la ripartenza della nostra economia. Ricordando come questo sistema di imprese – con un contributo di circa il 60% alla crescita e all’occupazione del nostro Paese – è stato, è e sarà l’unico in grado di creare sviluppo e occupazione nei prossimi anni. Ora queste stesse imprese non ce la fanno più a reggere il peso della crisi. Non ci stanno più ad essere considerate marginali, soprattutto perchè tornare a crescere significa tenere insieme dinamicità dell’export e tonicità della domanda interna. Ma significa anche tenere insieme politica industriale e politica per i servizi e per l’artigianato. E quindi il messaggio alla politica e alla prossima legislatura che il 28 gennaio, giorno della mobilitazione, partirà chiaro e forte da tutta Italia è: ripartire dalle imprese legate al territorio, cioè da quel tessuto produttivo che, nonostante tutto, non si rassegna, non vuole tirare i remi in barca, si è messo in discussione e ha saputo innovare. Ecco perché il 28 gennaio le associazioni aderenti a Rete Imprese Italia organizzeranno su tutto il territorio nazionale iniziative che possono andare dalla convocazione degli organi – consigli, assemblee aperte con la partecipazione di imprenditori, politici e amministratori locali, candidati alle elezioni – fino ad arrivare a vere e proprie manifestazioni pubbliche e in piazza per sottolineare la sofferenza delle nostre imprese. Dal canto nostro, quella sarà la giornata in cui renderemo pubblico, attraverso un documento, il nostro contributo di proposte per la prossima legislatura. L’Italia ha persone e imprese straordinarie per tornare a crescere, ma serve un governo che lo voglia fortemente e subito, perché il tempo è già scaduto. Chiediamo, dunque, di riaprire una nuova stagione di dialogo, che metta al centro della politica economica della prossima legislatura, chiunque governi, le istanze di questo sistema di imprese. Chiediamo di essere ascoltati. Senza perdere di vista un punto che porremo in sede di confronto con le forze politiche e con il governo che verrà: quello di integrare – insieme in Italia ed in Europa – le ragioni del rigore con le ragioni della crescita, dell’equità e della coesione sociale. E questo significa, guardando alla legislatura che verrà, marcare l’importanza di una comune responsabilità repubblicana. E’ una responsabilità che chiama in causa politica ed istituzioni, ma anche il ruolo delle rappresentanze sociali ed il ruolo di Rete Imprese Italia. Perché questa comune responsabilità repubblicana non potrà che giovare al superamento delle sfide ancora aperte per il nostro Paese e, anzitutto, al superamento della sfida del ritorno alla crescita. Ma significa anche e soprattutto per le nostre imprese aggredire e risolvere tre grandi problemi: fisco, credito e burocrazia, che per molte imprese sono state la causa della chiusura dell’attività. Noi la nostra parte la faremo per fare valere le nostre ragioni: le ragioni della crescita. Le ragioni della crescita delle imprese e, in questo modo, del Paese tutto. Sono ragioni che, in assoluta autonomia, cercheremo di far valere nel confronto con tutte le formazioni politiche. Con una critica della politica esigente e severa, ma al tempo stesso capace di distinguere. E, proprio perché capace di distinguere, in grado di cogliere la necessità di coniugare rigore dei conti pubblici, riforme e misure per la crescita. Se vogliamo, dunque, far rientrare l’allarme rosso del 2013 non possiamo aspettare la crescita ma dobbiamo costruirla da subito tutti insieme. Un rinnovato ringraziamento a tutti e un arrivederci al 28 gennaio.