NUOVO RAPPORTO DELL’OSSERVATORIO REGIONALE SUL FEDERALISMO E LA FINANZA PUBBLICA. FEDERALISMO AL TEMPO DELLA CRISI: SVUOTATO DAI GOVERNI
“Il federalismo fiscale non può essere messo sul banco degli imputati semplicemente perché non c’è. La riforma del Titolo V non è stata attuata pienamente; la legge delega del 2009 non ha prodotto i suoi effetti in quanto molti aspetti non sono ancora entrati in vigore; e alcune parti dei decreti sul federalismo sono state «svuotate» dalle manovre dei vari Governi”. E’questa la considerazione di fondo emersa dal nuovo rapporto dell’Osservatorio regionale sul federalismo e la finanza pubblica, nato nel novembre 2007 dalla collaborazione tra il Consiglio regionale del Veneto e Unioncamere del Veneto. Il nuovo rapporto, presentato stamani a palazzo Ferro-Fini dal presidente del Consiglio veneto Clodovaldo Ruffato e illustrato da Gian Angelo Bellati segretario generale di Unioncamere Veneto e da Serafino Pitingaro responsabile area studi e ricerche di Unioncamere, parte da un confronto tra la situazione dell’Italia e quella della Germania paese a federalismo realizzato; un confronto che evidenzia ben altri spread oltre ai differenziali sui titoli pubblici che nascono dall’inefficienza del settore pubblico italiano, dall’eccessiva spesa pubblica e, non ultimo, da un “federalismo (che sarebbe meglio definire regionalismo) a metà” che non ha dato alle Regioni e agli enti locali italiani le regole e i mezzi per sviluppare in maniera responsabile il proprio grado di autonomia”. “Un’autonomia di basso livello, anche e soprattutto dal punto di vista fiscale, che – si legge nel rapporto – impedisce di beneficiare pienamente dei vantaggi di un modello di spesa decentrata”. Un ulteriore elemento che spiega il federalismo mancato dell’Italia riguarda il personale. “Le nostre amministrazioni locali – rileva il rapporto – gestiscono il 58,1% delle risorse pubbliche, ma hanno a disposizione solo il 43,3% del personale. Ciò significa che non c’è stato decentramento del personale pubblico fatto che ha sicuramente creato duplicazioni e sovrapposizioni contribuendo inevitabilmente alla crescita della spesa pubblica degli ultimi anni. “L’impressione – afferma ancora il rapporto dell’osservatorio – è che ci si ricordi delle Regioni e degli enti locali solo in occasione delle manovre finanziarie soprattutto al capitolo “tagli” che si sono succedute dal luglio 2011 fino al termine di questa legislatura. Manovre che, di fatto, svuotano le conquiste ottenute sulla carta dalle stesse autonomie locali con l’approvazione della riforma federale e dei relativi attuativi”. Tra i passaggi più dolorosi per le autonomie locali il rapporto di Unioncamere cita il decreto “Salva Italia” che “ha pesantemente alterato l’impianto del federalismo municipale con l’anticipo dell’IMU e l’attribuzione allo Stato del gettito derivante da seconde case e immobili commerciali e produttivi”. E’ poi il turno della spending review. Annunciata come una riduzione selettiva degli sprechi dello Stato centrale, la spending review (DL n. 95/2012), secondo il rapporto di Unioncamere, “si è ben presto svelata nella sua vera natura, quale portatrice di tagli lineari alle Autonomie locali. Su Regioni e enti locali, sottoposte ad un nuovo taglio di risorse pari a 2,3 miliardi nel 2012 e di 5,2 miliardi nel 2013, è, infatti, gravato ben il 70% dell’intera manovra. È solamente grazie a questi nuovi tagli che è stato possibile evitare l’aumento delle aliquote IVA inizialmente previsto da ottobre 2012”. Non è finita: “sempre con la spending review – continua il rapporto – il Governo ha imposto il taglio netto di circa la metà delle Province. Ma questo frettoloso processo di riordino si è di fatto arenato, in ragione della sospensione prescritta dalla legge di stabilità 2013. Si arriva, infine, a questi giorni. “L’intervento governativo sui “costi della politica” (DL n.174/2012) di Regioni ed enti locali e il nuovo taglio di 2,2 miliardi previsto dalla cosiddetta fase due della spending review (inserita nella legge di stabilità) è solo una delle ultime tappe di uno stillicidio iniziato più di un anno fa. “Va, infine, ricordato – si legge sempre nel rapporto – che lo scorso ottobre il Consiglio dei Ministri, aveva approvato un DDL costituzionale di riforma del Titolo V della Costituzione che, se fosse stato approvato dal Parlamento, avrebbe ridotto i poteri delle Regioni, passando alla competenza esclusiva dello Stato materie come i trasporti, l’energia, il commercio estero, l’istruzione e il coordinamento della finanza pubblica; il turismo, attualmente materia di competenza esclusiva regionale, sarebbe invece diventata materia condivisa con lo Stato”. Che fare dunque? Dallo studio di Uniocamere Veneto emergono alcune ipotesi: sperimentare il federalismo differenziato che potrebbe avere un “effetto volano” per l’economia del Veneto e definire un nuovo patto di stabilità per ripartire gli obiettivi di finanza pubblica su base territoriale premiando veramente gli enti locali virtuosi e liberando gli investimenti. Per Unioncamere Veneto il riaccentramento dei conti pubblici non sembra essere la soluzione dei problemi del paese e l’eccessiva tassazione rischia di bloccare il sistema economico. E’ necessario, quindi, dare maggiore autonomia alle Regioni come il Veneto che trainano l’economia e che sono virtuose sotto il profilo amministrativo.