Skip to main content







Prospettive per il 2025: l’indagine sugli imprenditori vicentini

Quali sono “Le attese degli imprenditori vicentini per il 2025”? Ne fa una sintesi l’indagine condotta dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Vicenza.

Un appuntamento importante per l’Associazione, che così può raccogliere la “voce” delle aziende iscritte e capire quali sono le aree di miglioramento e i temi che stanno loro più a cuore.
Svolta dal 25 novembre al 6 dicembre, praticamente a 2024 chiuso, il primo dato che emerge dall’analisi, tra i 449 intervistati, è che per i primi mesi del 2025 la maggior parte prevede una stabilità o una leggera crescita per tutti gli indicatori indagati: tra questi si va dal minimo 62,2% (di cui 9.5% di crescita e 52.7 di stabilità) per gli ordini, fino al massimo 87,1% (di cui 5.7 di crescita e 81.4% di stabilità) per l’occupazione; nel mezzo gli investimenti, stazionari per il 63% e in crescita solo per il 12.7%. Per quanto riguarda le percentuali degli imprenditori non ottimisti, le più alte si riscontrano sugli ordini (37.9 %), sul fatturato (37.2%) e sulla produzione (36%). Insomma, una certa cautela sarà quella che caratterizzerà almeno la prima parte del 2025, nel corso della quale si spera che alcune criticità, soprattutto di natura internazionale, trovino una soluzione. Molta parte dell’export delle imprese, così come le commesse legate alle filiere di valore, o il rifornimento di materie prime, sono sempre più legate infatti alle situazioni economico sociali e politiche degli altri Paesi, oltre che del nostro.

I commenti

“L’indagine è uno strumento prezioso sia per capire quali sono le problematiche che interessano trasversalmente tutti i settori e quelle dei singoli comparti, sia per individuare le aree di miglioramento e potenziamento dei servizi – spiega il presidente Confartigianato Gianluca Cavion-. Veniamo da un anno che ha visto amplificare problemi e tensioni pregressi e abbiamo iniziato ad affrontare un 2025 apertosi all’insegna di una rinnovata incertezza. In questo contesto non è più pensabile attuare misure valide per tutti. Oggi i diversi settori produttivi, e al loro interno spesso ogni azienda, presentano un unicum che necessita di risposte e interventi mirati. Per quanto riguarda le nostre realtà, basti pensare ai temi legati alla sostenibilità, alla trasmissione d’impresa, alle professionalità di cui c’è carenza. Voci sulle quali, dice l’indagine, resta alta l’attenzione e su cui le imprese investono, seppur con prudenza. Restano inoltre aperti argomenti come credito, burocrazia, incentivi, sui quali Confartigianato può portare nei tavoli istituzionali le criticità che rischiano di frenare anche le migliori intenzioni”.

“La situazione – commenta il direttore generale di Confartigianato Imprese Vicenza, Francesco Tibaldo – porta inevitabilmente a usare cautela nell’esporsi, soprattutto in termini di investimenti, anche quando ci sono incentivi premianti. Chi lo fa, sceglie sostenibilità e tecnologia per non perdere il passo. Il nostro impegno è sostenere queste realtà attraverso la ricerca di nuovi mercati, ma anche promuovendo nuove catene di valore, ovvero filiere corte. Ne è esempio quanto realizzato con il settore della Meccanica per favorire l’incontro tra chi cerca lavorazioni, componentistica, maestranze, e chi le offre: in questo modo si avviano filiere che hanno il pregio anche di risparmiare tempo e denaro per la ricerca del partner giusto. Il territorio vicentino è disseminato di artigianalità d’eccellenza e su questa deve puntare anche il mondo del credito, come già fa il nostro Confidi, per mantenerne alti gli standard e favorire una sorta di ‘super distretto Made in Vicenza’”.
“Rimane poi fondamentale – aggiunge Cavion – intercettare i giovani e le loro competenze, e da inserire in azienda anche ragazzi che, adeguatamente formati, arrivano da altre realtà territoriali. Ma altrettanto importante è fornire nuove skills e competenze a chi in azienda è da anni. A fronte di un calo demografico e di un’età pensionabile in costante crescita, l’incontro e lo scambio tra generazioni sono determinanti per molte realtà artigianali, anche in chiave di trasmissione d’impresa”.

Alcune evidenze

L’artigianato è un comparto che al III trimestre 2024 contava untotale di 22.833 imprese registrate, in leggera flessione rispetto all’anno precedente. A livello settoriale si rileva la flessione più intensa per il Manifatturiero, che segnava un -1,9% rispetto a un anno prima. In leggera diminuzione anche le imprese delle Costruzioni (-0,6%), stabili invece le imprese di Servizi alle Imprese e Servizi alle Persone (0,0%).

A voler stilare una classifica delle difficoltà che le imprese dicono di dover affrontare nei prossimi mesi, rimane al primo posto l’aumento dei prezzi alle materie prime, anche se la quota di imprenditori che esprimono tale preoccupazione cala (dal 61% di un anno fa al 49,3% di oggi). Sale al secondo posto l’incertezza legata all’instabilità geopolitica, con una quota che passa dall’11,5% di un anno fa al 44,9% di oggi. La mancanza di manodopera scende al terzo posto, ma la quota di imprenditori che esprime questa preoccupazione rimane più o meno la stessa (era il 39,4% un anno fa, ora è il 36,8%).
Pur rimanendo simile, la classifica delle preoccupazioni cambia in base al settore. Al primo posto per la metà (50,5%) delle imprese del Manifatturiero c’è l’incertezza conseguente alle instabilità geopolitiche (contro il 44,9% del totale); le imprese delle Costruzioni sono più preoccupate per l’aumento dei prezzi delle materie prime (53,3% contro 49,3% totale) così come le imprese dei Servizi (49,6% contro il 49,3% totale). 

Gli imprenditori cercano di reagire attivamente a questo clima economico difficile e sempre più instabile, ma si delinea comunque un periodo di ristrettezze e rinunce, e le imprese si mettono in prima linea per fronteggiarle. Tra le principali azioni che prevedono di intraprendere c’è la riduzione dei margini (36,8% degli imprenditori) e la formazione del personale (34,6%), perché non vogliono ridurre il personale ma, anzi, hanno un problema di reperimento delle figure necessarie. 

Le imprese che esportano sono, ovviamente, maggiormente preoccupate dalla situazione geopolitica (70,3% contro il 44,9% totale).  D’altronde, sono aziende che nei primi nove mesi del 2024 in provincia di Vicenza hanno perso oltre 1,6 milioni di euro al giorno di vendite all’esterorispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Anche l’ipotesi di un rialzo dei dazi da parte degli Stati Uniti sui prodotti importati preoccupa gli imprenditori vicentini: uno su quattro (24,4%) ritiene che possano avere un impatto negativo per la propria azienda, quota che sale al 49,3% tra le imprese esportatrici, ovviamente le più colpite, ma che coinvolge pure quasi la metà delle imprese anche nel settore Metalmeccanico (48,4%), Moda (47,4%) e filiera dell’Automotive (46,6%).
Si tratta di settori particolarmente sensibili alle dinamiche internazionali, e legati a brand internazionali, che potrebbero dover fare delle scelte ‘di peso’. La Metalmeccanica teme di dover intervenire con la riduzione o interruzione della produzione (46,2%, quota più che doppia rispetto al 20,3% totale imprese che adotterebbero questa soluzione) o dover ricorrere ad ammortizzatori sociali (34,4% rispetto al 15,3% totale); la Moda invece potrebbe scegliere la riduzione dei margini (40,9% contro 36,8% totale), il ricorso agli ammortizzatori sociali (40,4%, rispetto al 15,3% totale) o a riduzione o interruzione della produzione (40,4%, rispetto al 20,3% totale).