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RIFORMA DELLE CAMERE DI COMMERCIO: “IL VENETO ATTUI UNA VERA RIFORMA E ABBANDONI POSIZIONI CONSERVATRICI”

I Presidenti di Confindustria e di Confartigianato del Veneto appoggiano gli obiettivi di razionalizzazione ed efficienza della riforma del sistema camerale proposta dal Governo Renzi. Criticano invece l’eliminazione dell’obbligo del tributo camerale.

«Perché il Veneto non si fa promotore di un processo spontaneo di riforma delle Camere di Commercio che anticipi, e non subisca, il cambiamento, abbandonando posizioni conservatrici che difendono spesso un ruolo che non serve più, accanto a privilegi e inefficienze? Confindustria dice sì alla riduzione del tributo camerale, perché – lungi dall’essere un taglio lineare indiscriminato – non rappresenta una penalizzazione indebita, ma una spinta positiva a ridefinire ruoli e funzioni. Si è predicato, fin dai primi anni ’90, che la Pubblica Amministrazione non deve occupare spazi che il Privato e le sue Organizzazioni già svolgono (principio di sussidiarietà). Tra l’altro le “politiche industriali e di sviluppo” sono già in capo al Governo e alle Regioni, le Camere di Commercio non hanno pertanto questi compiti, semmai hanno un ruolo strumentale e di servizio, in casi circoscritti e utili alle imprese e al tessuto economico. Abbiamo invece assistito al moltiplicarsi di aziende speciali, all’aumento di partecipazioni, alla patrimonializzazione immobiliare, ai contributi a pioggia». E’ quanto sostiene Roberto Zuccato, Presidente di Confindustria Veneto, in merito al decreto legge 90/2014 sulla riforma delle Camere di Commercio, in discussione in questi giorni in Parlamento, e contrastata da alcuni soggetti veneti coinvolti.
Rincalza la sfida al cambiamento e all’autoriforma, da parte delle Camere venete, Giuseppe Sbalchiero, Presidente di Confartigianato Veneto, “il risparmio di 40 milioni di euro dato dal dimezzamento del diritto camerale solo in Veneto (400 milioni in totale), è un dato oggettivo. Una leva su cui il governo agisce per ottenere il necessario consenso sul piano di razionalizzazione. A fronte di questo però, non è possibile ipotizzare che nulla cambi, altrimenti  il rischio è raccogliere denaro solo per pagare la sopravvivenza degli enti. Sono convinto, come propone anche l’Assessore Regionale Isi Coppola,  che un ottimo risultato si potrebbe ottenere dal dialogo, serio e pragmatico, tra la Politica e coloro che davvero utilizzano lo strumento camerale: le imprese. O meglio le organizzazioni (tutte) che le rappresentano. Non è banale che in Veneto ad esempio, oltre la metà delle aziende iscritte nelle CCIAA siano anche socie di una organizzazione di categoria del commercio, dell’artigianato dell’industria o dell’agricoltura. Lavorare su un progetto condiviso che indichi la strada per rendere questo ente veramente utile alle Imprese. Serve però l’impegno di tutti per riformarla alla radice, cercando di ridurre gli sprechi”
«In alcune regioni, come Piemonte, Emilia, Toscana e Marche – riprende Zuccato – si stanno attuando processi spontanei di razionalizzazione e accorpamento con lo scopo di ridurre le CCIAA, migliorare l’efficienza e proporre una sinergia di servizi. Questo atteggiamento propositivo deve essere intrapreso anche in Veneto, anziché adottare la sterile politica del “no” che, oltre a mantenere uno status quo negativo, fa subire passivamente al nostro territorio le scelte del governo centrale.
Sottolinea Sbalchiero: “concentriamo le risorse su attività “core” istituzionali e promozionali. Mentre per i progetti di grande interesse del sistema delle imprese, quali il credito, l’innovazione e l’internazionalizzazione avviare un processo di razionalizzazione che ne assicuri la complementarietà evitando così duplicazioni e sovrapposizioni”.
Confindustria e Confartigianato Veneto valutano pertanto positivamente gli obiettivi di razionalizzazione e di recupero di efficienza contenuti del decreto legge 90/2014. Molti emendamenti presentati alla Camera da lobby trasversali si oppongono invece ad alcuni capisaldi della riforma, tra cui la riduzione del 50% del tributo camerale o la dilazione nel tempo, altro difetto tutto italiano, espressione di una cultura diffusa che non vuole il cambiamento.
Per le due Organizzazioni regionali, che rappresentano la filiera del manifatturiero, le cui imprese sono determinanti nella produzione del PIL, altri sono i punti qualificanti:  l’accorpamento delle Camere in circoscrizioni territoriali in base al numero di imprese aderenti (vedi ipotesi dell’Unioncamere Friuli Venezia Giulia) o l’aggregazione in un’unica Camera regionale, con presidi di servizi nei territori; la riduzione delle funzioni, privilegiando i compiti istituzionali e selezionando e qualificando quelli promozionali; lo stop di finanziamenti a pioggia; la riduzione e la riorganizzazione della governance, con la gratuità degli incarichi e limiti al trattamento economico del personale; l’aggregazione delle aziende speciali (vedi Camera di Commercio di Treviso e di Rovigo) per farne importanti centri di servizio e promozione; la riduzione e la dismissione delle partecipazioni societarie detenute, anche in segmenti di attività non strategici; la nomina di Commissari per le CCIAA inadempienti.
Tra gli aspetti che invece non convincono Confindustria Veneto e Confartigianato Veneto, ci sono l’eliminazione dell’obbligo del tributo camerale, la cui riduzione è invece condivisa, e la sottrazione alle Camere di Commercio del Registro imprese. «La volontarietà trasformerebbe le CCIAA in soggetti ad adesione volontaria in concorrenza con le associazioni imprenditoriali, mentre l’Arbitrato, la  Conciliazione ed altri servizi istituzionali come i controlli sui prodotti  vanno invece mantenuti”.