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SISTRI: L’INCUBO DEI MESTIERI TRADIZIONALI

Confartigianato: “Bene ulteriore rinvio ma deve servire a rottamarlo definitivamente. Altrimenti a rischio oltre 15mila piccole imprese”.

L’emendamento al Decreto Milleproroghe che rinvia al 2015 l’entrata in vigore del Sistri è indispensabile! Il nuovo Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che doveva entrare in vigore il 3 marzo prossimo, rischiava infatti di diventare un nuovo incubo per almeno 15.013 piccoli imprenditori solo in Veneto e per centinaia di migliaia in tutta la penisola. Categorie come quelle degli acconciatori (8.570), delle estetiste e dei tatuatori (2.805), dei calzolai (401), degli orafi e orologiai (1.373) e delle pulisecco (1.164), di colpo si sarebbero trovati ad essere considerati dallo Stato come dei produttori di rifiuti pericolosi, proprio come se gestissero un impianto siderurgico o un grande ospedale.
“E’ incredibile –commenta Giuseppe Sbalchiero, Presidente di Confartigianato Imprese Veneto- che ci siano ancora dei Senatori –del partito che dovrebbe esprime nelle prossime ore il capo del Governo per giunta-  che si oppongono, ostinandosi a  pensare che il Sistema telematico di tracciabilità dei rifiuti speciali serva a combattere le ecomafie. Non accettiamo lezioni -aggiunge Sbalchiero- su un problema così grave come quello dei rifiuti pericolosi. Forse chi invoca il Sistri come una soluzione non sa di cosa parla. Se l’obiettivo del Sistri è ovviamente condivisibile per controllare la produzione e lo smaltimento dei rifiuti pericolosi e sottrarli al traffico illegale delle ecomafie, pessimo si è rivelato lo strumento utilizzato. La norma prevede, infatti, che alcune categorie di artigiani, tra quelle più tradizionali che arricchisco e vivacizzano i nostri centri storici, traccino e registrino gli strumenti del mestiere che intendono buttare via. Accadrà ad esempio con le batterie per gli orologiai, con la colla dei calzolai, con la ceretta per l’estetista e così via. Gli imprenditori dovranno acquistare una chiavetta Usb con un software protetto (costo: 120 euro), seguire le istruzioni sul portale del Sistri per rendere tracciabili i propri rifiuti pericolosi e poi pagare un’imposta che parte da 130 euro e sale in base al numero di dipendenti”.
“L’applicazione indiscriminata del Sistri è una legge contro il buonsenso –accusa Paride Geroli, Presidente dei regionale veneto di Calzolai–. Per riparare le scarpe consumiamo, in media, una ventina di barattoli di colla all’anno (rifiuto per il quale si rientra nel Sistema di controllo). Rischiamo quindi di pagare molto più per lo smaltimento che per l’acquisto della materia prima! Senza tenere conto poi che la stragrande maggioranza dei nostri colleghi non dispone di un computer in bottega. Un gap tecnologico quasi insormontabile”.  
“Si tratta di un ulteriore carico burocratico che peserà soprattutto sulle piccole realtà e metterà a repentaglio la loro sopravvivenza –incalza Lino Fabbian, leader della Federazione Benessere che aggrega acconciatori ed estetica-. Come si può imporre gli stessi obblighi e gli stessi costi a un parrucchiere che smaltisce pochi grammi di lamette e ad una multinazionale chimica”?
E non sono mai stati risolti i difetti di funzionamento dell’armamentario digitale del Sistri, la piattaforma informatica, le chiavette Usb, le scatole nere a bordo dei camion. Il risultato è che ora gli imprenditori si trovano a dover combattere con un Sistri che non funziona e con il vecchio obbligo di compilare su carta gli adempimenti in materia di gestione dei rifiuti.
“A fronte di questa situazione – conclude Sbalchiero – è ora di rottamare il Sistri e di sostituirlo con un sistema di tracciabilità dei rifiuti fondato su criteri di trasparenza, efficienza, economicità e semplice utilizzo per le imprese. Soltanto così si potrà combattere davvero le ecomafie”.