STRISCIA BIANCOROSSA: SALVIAMO IL SALVABILE
Salviamo il salvabile. Dopo la resa (1-2) in casa contro il Cittadella in quella che doveva essere la sfida dell’ultima spiaggia, il Vicenza terz’ultimo in classifica si trova ormai a una distanza (otto punti) dalla quota playoff che equivale a una quasi definitiva condanna alla retrocessione in serie C, o Lega Pro che dir si voglia.
E con la prospettiva di dover affrontare la prima delle ultime sette partite – questo sabato 13 – sul terreno del lanciatissimo Novara, per poi tornare in un Menti (nel turno infrasettimanale e serale di martedì 16, ospite l’Ascoli) dove il clima è tutt’altro che sereno, come dimostrato dal plateale “processo” sotto la Curva Sud avvenuto dopo l’ultima sconfitta.
A questo punto, con le speranze ridotte davvero al lumicino, che si può fare? Almeno alcune cose.
La prima, cercare di presentare in campo una squadra che non abbia già alzato definitivamente bandiera bianca, e che rimedi almeno delle figure dignitose sul piano dell’impegno, se non di risultati che, per tornare a “crederci”, dovrebbero avere del miracoloso. In secondo luogo, cercare di recuperare – proprio con un tale atteggiamento – un rapporto con una tifoseria che in questo momento appare non soltanto sfibrata e avvilita, ma soprattutto arrabbiata per le prestazioni fornite di recente dai biancorossi di mister Dal Canto. Terza cosa, cercare di portare a termine una delle trattative per la cessione societaria che il presidente Cunico sta seguendo da tempo: paradossalmente, proprio la prospettiva di un salto indietro di categoria potrebbe forse facilitare uno sbocco, anche se la situazione debitoria resta quella che è, e dovrà farsene in parte carico l’attuale gestione. L’essenziale, a questo punto, resta evitare situazioni tali – diciamo pure fallimentari – da mettere a rischio anche una presenza in serie C (e l’esperienza di altri club sprofondati nel nulla dovrebbe avere qualcosa da insegnare a questo proposito). Intanto, come detto, restano sette partite (e ventuno punti). Non si può – e soprattutto non si deve – affrontarle con stampato in faccia il marchio dei condannati: sarebbe la peggiore delle conclusioni per un’annata in cui è già andato tutto (troppo) storto.