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Sulla Flat Tax interviene anche Confartigianato Imprese Vicenza

Cavion. “Importante passo per ridurre la pressione fiscale ma la platea interessata è esigua. Meglio la variante incrementale anche per i requisiti richiesti”.

L’innalzamento del tetto per l’applicazione del regime forfetario a 85.000 euro approvato con la legge di Bilancio 2023, pur essendo una misura importante che mira a ridurre il peso della pressione fiscale su imprese individuali e professionisti, interessa, di fatto, un numero esiguo di contribuenti. Una constatazione che arriva da Confartigianato Imprese Vicenza: “Pur non mettendo in dubbio la bontà della misura introdotta dal nuovo Governo, vanno forse rivisti alcuni passaggi”, commenta al proposito il presidente degli artigiani berici, Gianluca Cavion.

In questi giorni sono stati diffusi i numeri dei potenziali beneficiari della flat tax, Partite Iva attive in regione con fatturati compresi tra i 65 mila e gli 85 mila euro, che però non tengono conto dei paletti e delle regole imposte per beneficiare della misura. Lo stesso ufficio parlamentare di bilancio ha indicato una platea nazionale dei soggetti potenzialmente beneficiari composta da circa 60.000 soggetti di cui circa 6mila quelli del Veneto, e 1.200 quelli berici.  Da una indagine condotta dall’ufficio studi di Confartigianato Imprese Veneto, gli artigiani vicentini che potrebbero rientrare nel forfait grazie al nuovo limite, sarebbero quindi appena il 2,67% (media Veneto).
Le caratteristiche di accesso e permanenza nel regime dell’imposta sostitutiva al 15% (5% per chi inizia e per i primi 5 anni di attività), tetto dei ricavi e compensi a parte, non sono mutate. Ad esempio, il forfait non consente di sostenere spese per personale dipendente superiori a 20.000 euro annui lordi. Voce di costo importante per ogni datore di lavoro. Inoltre, se si sceglie di beneficiare dell’imposta sostitutiva e dei vantaggi ad essa connessi, non è possibile beneficiare di alcuna detrazione fiscale. “Con tassi di interessi sui mutui in crescendo e bonus fiscali maggiorati, in molti hanno ipotizzato un tax planning che vede l’applicazione del regime ordinario Irpef più conveniente rispetto al forfait”, aggiunge Cavion.

Ultimo fattore, ma probabilmente quello che determina la scelta di molti artigiani di non applicare il regime forfetario, sono i cosiddetti “coefficienti di redditività” da applicare ai ricavi conseguiti nell’anno e che fanno, sostanzialmente, da base imponibile per il 15% dell’imposta. Per le attività rientranti nel campo delle “costruzioni”, ad esempio, idraulici ed elettricisti, questo coefficiente è dell’86%. È come dire che, applicando il regime forfetario, a questi soggetti verrebbero riconosciuti e dedotti costi a forfait per il 14% del proprio fatturato incassato. Insomma, questi coefficienti di redditività standard, spesso non coprono adeguatamente i reali costi sostenuti dall’impresa. Per un elettricista, soprattutto negli ultimi anni, si parla di percentuali di costi per l’acquisto dei soli materiali superiori al 40% del volume di ricavi realizzati. Percentuale ben superiore rispetto al 14%. In sostanza, l’elettricista con 75.000 euro di ricavi e 33.000 euro di reddito lordo, non aveva convenienza ad utilizzare il forfait prima e non ne ha neanche ora che il tetto è stato alzato. A suo carico avrebbe 8.450 euro di Irpef lorda applicando il regime ordinario, contro i 9.675 euro di imposta sostitutiva. Se poi ci aggiungessimo anche qualche centinaio di euro da scalare a titolo di detrazione per interessi su mutuo o per bonus edilizi, la forbice si allargherebbe ancora di più, sempre in favore del regime ordinario. 

“A nostro avviso meglio la ‘flat tax incrementale’, anch’essa introdotta dall’ultima legge di Bilancio, una misura incentivante e che ben si abbina alla volontà di crescita delle micro imprese”, prosegue Cavion. 

L’aliquota unica del 15% si applicherebbe su una base imponibile pari alla differenza tra il reddito 2023 e l’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, ma non superiore a 40.000 euro, ridotta di un 5% del reddito di riferimento. É chiaro che per poterne beneficiare, in partenza, si deve avere un incremento del reddito 2023 rispetto a quello più alto dei 3 anni precedenti. Per un artigiano che ha realizzato nel 2020 30.000 euro di reddito, nel 2021 50.000 euro, nel 2022 45.000 euro e nel 2023 realizzerà 60.000 euro, il risparmio di imposta potrebbe aggirarsi sui 2.500 euro. 

“É apprezzabile – conclude Cavion- il tentativo, con questi due provvedimenti, di ridurre le imposte a carico delle imprese e dei singoli cittadini, ma si ritiene utile anche riprendere e continuare i lavori strutturali sulla riforma del fisco, obiettivo comunitario e da non tralasciare. Si tratta di tema annoso che, alla luce anche di una situazione economica non facile e in divenire, va affrontato con serietà, concretezza e una buona dose di lungimiranza. Credo che ormai il Paese, le famiglie e le imprese, si attendono anche su questo versante misure e obiettivi chiari e non legati esclusivamente al momento contingente. Solo così quelle famiglie e quelle imprese possono pensare di programmare spese e investimenti”.

Comunicato 02