VENICE FASHION NIGHT: UNO SGUARDO SUL MADE IN VENETO
Gli stati generali del Made in Veneto a Venezia per progettare il futuro
Venice Fashion Night è un progetto per valorizzare il Veneto della moda e la creatività di Venezia. La mattina di Sabato 25 ottobre 2014 si è tenuto il tavolo Made in Veneto e Made in Italy: prospettive per il sistema moda. Nella cornice dell’ex Teatro Ridotto all’Hotel Monaco Venezia da Vivere ha riunito in un incontro il sistema moda del Veneto: istituzioni, università, aziende, fashion designer, stampa specializzata e blogger. L’obiettivo era fotografare una realtà da leggere come un unico racconto: storie imprenditoriali, progetti editoriali innovativi, leggi europee per tutelare il lavoro creativo e la cultura della moda, dal designer indipendente alla piccola, media e grande impresa. Il tavolo è stato un momento di confronto per conoscersi e raccontarsi, far emergere il comun denominatore della manifattura di qualità e dell’uso contemporaneo della tradizione, per testimoniare quanto sia forte per queste aziende il legame con il territorio, e per fare progetti insieme. Che si tratti di operazioni filologiche tout court come nel caso dei tabarri di Sandro Zara (Tabarrificio Veneto) o di recupero di abiti tradizionali dei pescatori trasformati in espressione contemporanea (Barena Venezia), di calzini dai pattern spaiati (Oybo), al gioiello contemporaneo di perle infilate a mano con lunghi aghi ottocenteschi (Marisa Convento, una delle ultime impiraresse veneziane), ai patchwork di tessuti preziosi di Raptus & Rose di Silvia Bisconti, siamo di fronte a un’unica storia. Dopo i saluti di Mario Boselli, presidente della Camera della Moda, che ha inviato un augurio per lo svolgimento dei lavori, Stefano Micelli, direttore di Fondazione Nord Est, ha messo a fuoco una realtà ben caratterizzata, fatta di aziende che hanno scommesso sul binomio cultura/manifattura e hanno trovato nel rapporto con Venezia un asset di successo. Venezia non è solo una vetrina per esporre e presentare prodotti, ma è innanzitutto serbatoio di vocazioni e luogo di confronto, tra grandi manifestazioni internazionali e una clientela cosmopolita ed esigente. Per queste imprese e persone l’artigianato turistico è la bara di ogni forma di creatività. Senza piegarsi allo stereotipo e con lo sguardo decisamente rivolto ai mercati internazionali, partendo dalla tradizione della capacità manifatturiera di cui il Veneto è depositario, queste aziende hanno trasformato la passione in ricerca, abbracciato nuove soluzioni per comunicare e si sono rese competitive sul mercato. Maria Luisa Frisa, direttore del corso di Design della moda e Arti multimediali dell’Università Iuav di Venezia, ha sottolineato la necessità di creare un sistema che riunisca in un progetto comune e mantenga in comunicazione le straordinarie realtà legate alla moda e alla cultura tessile del Veneto. Venezia è il luogo della rappresentazione, ideale quindi per promuovere la cultura della moda, per la presenza di un’università della moda e per la sua storia legata a questo mondo: Palazzo Grassi era sede di sfilate italiane e internazionali quando era di proprietà della Snia Viscosa e sede del Centro Internazionale delle Arti e del Costume. Una città che può raccontare e creare la mitologia di un territorio che sa lavorare ma anche sognare può essere anche sede di altri tavoli dove nascano progetti e si possano immaginare eventi e manifestazioni legate alla moda. Lorenzo Cinotti e Laura Scarpa di Venezia da Vivere affermano che in questo scenario è il momento per le aziende di abbracciare nuovi strumenti per raccontarsi, e presentano una ricerca, realizzata insieme a Orazio Spoto e Marta Milanese, su come usare Instagram per la comunicazione nella moda. Instagram ha creato un potente storytelling visivo che racconta il mondo per immagini a milioni di persone. La comunicazione della moda sta cambiando in fretta: Cara Delevingne si riprende in diretta dalla passerella durante una sfilata, Marc Jacobs ribalta il gioco creando il primo casting online per il nuovo volto della linea Marc by Marc Jacobs, e Tom Ford dichiara che le foto postate da Rihanna su Instagram sono più influenti di qualsiasi rivista di moda del mondo. Roberto Bottoli, titolare dello storico lanificio e presente in veste di Vice Presidente del Sistema Moda Confindustria Veneto, ha invitato a non pensare alle tante aziende perdute, ma alla salvaguardia dell’alto numero di imprese ancora sane, che impiegano oltre 50.000 addetti. Un settore che tiene, da sostenere invitando i grandi nomi della moda italiana a utilizzare le filiere italiane per garantire un valore aggiunto di qualità, ricerca e innovazione. Il Made in Italy non è fatto solo di brand e advertising, ma anche e soprattutto di manifattura di qualità. Giuliano Secco, coordinatore del Tavolo Sistema Moda Veneto, ha raccontato del grande patrimonio italiano rappresentato dagli artigiani, un vantaggio competitivo che permette all’Italia di scommettere sempre più sul mercato del lusso, del custom e del made to measure. Malgrado la bassa capacità del sistema Italia di comunicare e differenziare i prodotti realmente creati in Italia, abbiamo la fortuna che il Made in Italy rimane un’infrastruttura immateriale in grado di sostenere le aziende italiane all’estero. Il Made in Italy, come percezione del prodotto nel suo insieme, è un asset dalle notevoli potenzialità: senza alcuna campagna pubblicitaria è percepito come terzo marchio più noto al mondo dopo Coca-Cola e Visa. In attesa che l’Unione Europea prenda una decisione in merito all’obbligatorietà del “Made in”, Giuliano suggerisce di marchiare i prodotti italiani “100% Made in Italy” secondo l’articolo 16 della legge 166 del 2009. Serve un nuovo deal in cui credere insieme, e mentre lo cerchiamo possiamo fare riferimento al Tavolo Veneto della Moda, unico in Italia, il coordinamento regionale che vede unite Confartigianato, Cna Confindustria, Confesercenti e Confcommercio La moda a Venezia è sempre presente attraverso grandi eventi mediatici: Fabrizio D’Oria, direttore comunicazione ed eventi di Ve.La Spa, società del Comune, racconta le felici collaborazioni con Louis Vuitton per lo spot pubblicitario con David Bowie, realizzato in palazzi veneziani e in Piazza San Marco, la sfilata di Diesel e la festa per i dieci anni di Duvetica, eventi che hanno mostrato alla stampa internazionale e al mondo del fashion gli spazi unici dell’Arsenale. Facilitare i grandi eventi a Venezia assistendo chi vuole investire a Venezia con progetti di qualità è il ruolo di Ve.La. Per Fabrizio Venice Fashion Night è un felice esempio di progetto compatibile con la città, realizzato interamente da privati, un progetto che valorizza la scoperta di aspetti inediti della città stimolando le sue energie imprenditoriali. Matteo Ribon di CNA Veneto/Federmoda spiega che il settore moda del Veneto è fatto di 9.500 imprese, di cui 7.700 sono ditte individuali. Per competere queste aziende devono fare gioco di squadra e raccontarsi. Non necessariamente una filiera, ma una rete orizzontale di competenze, tra designer, artigiani e comunicatori. La sfida è trovare un linguaggio comune, avvicinando i diversi linguaggi di università, aziende e artigiani, parti di un unico discorso che comunicano con diverse sensibilità, e con la nuova comunicazione online che può aiutare a superare le differenze, concentrandosi su quanto si ha in comune, purché ci si incontri anche di persona, riconoscendo i valori etici del lavoro e un corretto rapporto col territorio, valori che non sempre le multinazionali della moda prendono in considerazione. Francesco Pareti di Eurosportello Veneto/Unioncamere rappresenta una cerniera fra istituzioni, ricerca e imprese. Nei programmi europei l’accento si è spostato molto sull’impresa, come in Horizon 2020 per la ricerca e sviluppo. Anche nella formazione l’attenzione all’impresa è grande: Knowledge Alliances e Sector Skill Alliances, sottomisure dell’Erasmus +, sono rivolte al mondo della ricerca e dell’imprenditoria, e favoriscono i network istituzionalizzati, come quello del tessile su cui Eurosportello Veneto ha recentemente lavorato: un progetto per mettere in rete il mondo produttivo con la ricerca di nuovi materiali e nuove soluzioni tecnologiche. È interessante il mondo dei prodotti finanziari studiati a livello comunitario per permettere l’innovazione all’interno di un azienda, a livello tecnologico e di processo, ma soprattutto il lavoro di Unioncamere a Bruxelles con gli europarlamentari italiani: oggi finalmente la creatività viene considerata industria e non più arte: per l’Unione Europea Fotografia e Design sono finalmente industrie creative finanziabili, e per questo settore esiste il programma Creative Europe. Un grande passo avanti, in via di definizione, è la consultazione pubblica sulla protezione delle indicazioni geografiche per i prodotti non agricoli, il DOC per arredamento e moda. Se la consultazione conclusa il 28 ottobre passa, le aziende potranno certificare la qualità dei prodotti anche in base all’origine. Marco Bettiol, docente di Internet Marketing a Scienza della Comunicazione dell’Università di Padova, rilancia il tema dell’importanza della comunicazione per il Made in Veneto e per il Made in Italy, in special modo per le aziende più piccole. Un approccio che richiede nuove competenze, spesso nelle corde di giovani laureati. L’alto placement della laurea magistrale in Strategie della Comunicazione di Padova è una risposta alle forti esigenze del territorio in questo campo. Ibridare artigianato e nuove competenze, afferma, è un must, senza scordare la capacità italiana di attrarre talenti dall’estero, per le competenze artigianali che il mondo ci invidia. Racconta di Paola Cademartori, designer brasiliana, che ha studiato a Milano, lavorato quattro anni da Versace e che adesso, collaborando con artigiani italiani, produce una sua linea, fatturando due milioni di euro. Il Made in Veneto è una storia che ha bisogno di essere comunicata in modo nuovo: Lorenzo Canella di Canella Spa racconta il suo Bellini, un drink realizzato con le pesche bianche coltivate a chilometro zero, succo di lampone e prosecco. Un racconto di qualità e tradizione Made in Veneto, strettamente intrecciato al territorio veneziano, che diventa storytelling digitale su Instagram, il network di fotografia mobile che conta duecento milioni di utenti nel mondo. Angelo Maria Barducci, responsabile della Creative Academy del gruppo Richemont (la holding finanziaria con sede a Ginevra che riunisce marchi del lusso come Cartier, Montblanc, Chloé, Alaia) racconta della missione della scuola voluta dal gruppo: selezionare ogni anno 20 giovani talenti internazionali che poi lavoreranno come creativi nei marchi del gruppo. La scuola offre un master post graduate ai giovani selezionati da 12 nazioni: attraverso la propria scuola il gruppo sta investendo sui giovani e sul futuro. Richemont crede molto in Venezia, meta di eventi internazionali e di un turismo sofisticato, dove è presente con i marchi Jaeger Le Coultre, (che è anche partner di Biennale Cinema), Officine Panerai, Cartier, Montblanc. Ha sede a Milano e ha scelto l’Italia per la sua manifattura d’eccellenza, per gli artigiani che permettono di trasformare un progetto di design in un prodotto di grande qualità. Silvia Bisconti di Raptus and Rose racconta di essersi stancata delle regole che girano attorno alle grandi aziende, regole che spesso le costringono in situazioni che rimangono immutate per decenni. Dopo trent’anni di lavoro e quindici come direttore creativo della veneta Malìparmi, Silvia ha deciso di mettersi in proprio, confrontandosi con un mondo più piccolo, dove è più facile scegliere, decidere e intraprendere nuove strade, rompendo con le regole del passato. Silvia giudica fondamentale la formazione nel settore della moda: e trova molto preparata e matura per la sua giovane età una delle sue assitenti che proviene dall’università diretta da Maria Luisa Frisa. Giovanni Zara di Barena Venezia racconta di quanto la città sia determinante per il suo prodotto: dal nome contenuto nel brand fino ai capi che si chiamano barcariòl, bragozzo, pistor, bricòla. Gli abiti si ispirano all’abbigliamento tradizionale dei pescatori della laguna di Venezia, aggiornati con uno stile contemporaneo mai fashion ma di ricerca. Queste radici tradizionali sono molto amate dai buyers internazionali. E infatti Giovanni non parla di crisi: se si ha una strategia sui mercati da colpire e una storia da raccontare, non si deve far altro che perseguire i propri obiettivi. Marzia Narduzzi di Pier Spa racconta che ci si sente a volte un po’ soli come imprenditori in questo momento difficile, ma è positiva e sorride mentre spiega che la sua azienda è al novanta per cento femminile, ha un’età media dei dipendenti piutosto bassa, non ha mai delocalizzato e continua a crescere: Pier Spa fattura il 60% all’estero e lavora con prestigiosi brand internazionali, ha un ottimo rapporto con le università, in particolare con Iuav, ed è presente da 50 anni sul territorio. Sandro Zara di Tabarrificio Veneto parla di una burocrazia che imbriglia le aziende anziché supportarle. Nonostante il basso costo del denaro, aggiunge, non ci sono agevolazioni per le imprese, e così la filiera è distrutta dalla crisi, le lavorazioni e i finissaggi vengono ormai fatti a Biella o comunque non più in Veneto. Racconta del proprio lavoro con amore e passione, una passione che porta oltre gli ostacoli. Ricorda di quando per fare business bisognava copiare, e lui scelse di andare controcorrente, facendo tabarri, spolverini e saltafossi. Una scelta che, unita ad un business rivolto prevalentemente all’estero, permette all’azienda di crescere costantemente. Sandro è felice del tavolo voluto da Venice Fashion Night, ossigeno per la propria impresa, grazie al confronto con altre aziende, un incontro che favorisce la nascita di collaborazioni e nuovi progetti congiunti. Fosca Urbani di Ottica Urbani identifica negli anni del dopoguerra il passaggio degli occhiali da protesi ad oggetto di design, e ricorda che il suo negozio è da sempre stato un luogo di incontro di intellettuali, sin da quando nel 1963 Le Corbusier cadde e ruppe i suoi occhiali durante la progettazione di un’ala dell’Ospedale Civile e si recò al negozio accompagnato da Carlo Scarpa, dando a suo padre precise indicazioni sul design del nuovo paio di occhiali che desiderava. I primi realizzatori di occhiali del Cadore, i pettineri, in origine erano addetti alla pastorizia, e durante la pausa invernale creavano i pettini in corno. Questi artigiani divennero gradualmente produttori di occhiali. Oggi Fosca si ispira alla bellezza della città e alle Biennali di arte e architettura per opere tra tecnologia e design, e si appoggia alla manifattura cadorina per le linee in acetato di cellulosa, che ospitano inserimenti in tessuto o murrine immerse, o per le linee in corno di bufalo d’acqua o in legno, o acciaio. Fosca parla di un design ironico e personale e racconta di un lavoro fatto di passione, divertimento e ottimismo. Lionello Borean, co-founder e designer di Oybo, racconta di quanto è utile e fondamentale per un’impresa il rapporto con gli artigiani che con le loro capacità garantiscono l’esistenza della sua azienda. Grazie a loro è possibile realizzare produzioni limitate e di nicchia. Lionello trova che gli imprenditori della moda siano poco collegati tra loro e ci sia una grande necessità di creare una rete per il Made in Italy (come accade invece con il Made in France). Pietro Lunetta di Fortuny racconta della grande passione che anima l’azienda, conosciuta in tutto il mondo, per continuare a creare i tessuti più famosi del mondo solo con gli antichi telai creati da Mariano Fortuny. Questi limiti che stimolano la creatività, permettendo di innovare rispettando al tempo stesso integrità e originalità del prodotto e del marchio. In Fortuny la tecnologia è nascosta: i tessuti sono realizzati con macchine art Déco e con i mosaici di tessuto, un brevetto aziendale che viene realizzato con l’applicazione di particolari resine, un prodotto innovativo senza averne l’aspetto. Marzia Pendini racconta dell’azienda Salvadori, nata come orologeria nel 1857. Suo padre, un esperto di pietre preziose, iscritto alla borsa dei diamanti di Anversa e Tel Aviv, acquista le pietre nei loro paesi d’origine. Marzia ha raccolto il testimone da sua madre ed è designer da quando aveva 19 anni. Si ispira all’architettura della sua città, con linee di gioielli che mutuano le forme della Ca’ d’Oro, di palazzo Ducale e del ferro di prua della gondola. Patrizia Iacovazzi e Evelina Pescarolo di Perlamadre Design sono due restauratrici che hanno abbracciato la lavorazione del vetro. Patrizia ha sperimentato anche nella natia Puglia, e del restauro mantengono la passione per l’analisi e l’attenzione ai colori, partendo dalle tradizioni per arrivare ad un linguaggio contemporaneo. La collezione Butterfly si ispira ad una perla anni ’30 completamente ridisegnata e ripulita da elementi non funzionali. Nel processo creativo c’è molta ricerca nelle fornaci, recuperando ed osservando le vecchie conterie delle fabbriche. Alcune collane partono da bacchette di vetro ambra e rosa antico alte un metro e mezzo, originariamente utilizzate per lampadari. Questi colori attualmente non sono più realizzabili, in quanto gli ossidi e i minerali che venivano usati in passato sono oggi proibiti. Quello di Perlamadre è un dialogo in cui la tradizione è osservazione e tecnica, e anche valore aggiunto di un design contemporaneo, con una forte attenzione al tema del riuso e del riciclo. How to. In questo panorama in evoluzione, Nicoletta Polla-Mattiot ha presentato How to Spend it, il nuovo magazine del Gruppo Sole 24 Ore che dirige. How to Spend it racconta con positività il saper fare italiano, un mix di creatività, gusto, capacità artigianali e imprenditoriali che hanno fatto grande l’industria e l’artigianato italiano. Nicoletta ha posto l’accento sulla necessità di rilanciare il sistema moda: se è vero che la moda italiana, veneta e veneziana sono forti della loro tradizione e del glamour che evocano, questo oggi non è più sufficiente. Bisogna trovare nuove strategie, nuovi linguaggi che non siano autoreferenziali ma internazionali. Stefano Micelli conclude sottolineando i temi principali del tavolo: un sapere artigianale che è materia prima per costruire percorsi alternativi. Il secondo tema è senz’altro quello della comunicazione, da lanciare in parte online e in parte on site, anche attraverso eventi nei negozi, come accade nella Venice Fashion Night.